Capitolo
2
Critical Mass
La
storia salta direttamente all'attualità ossia ai giorni
nostri per parlare del movimento
critical mass. Leggiamo cos'è e come nasce
direttamente dal suo fondatore
Chris Carlsson,
by
C.I.A.(Cycling Intelligence Agency August 14, 2002)
Con
quella scritta sulla maglietta da battaglia - one car less
(un'auto di meno) - Chris Carlsson, 45 anni, ha tutta l'aria
di un professore di Berkley in vacanza. E' scrittore, editore,
produttore e designer multimediale, da venti anni factotum del
movimento californiano. Dodici anni fa ha avuto un'idea
geniale che sta facendo il giro del mondo. «Stavo pedalando
quando mi è venuto in mente che sarebbe stato bello formare
una massa compatta di ciclisti in grado di conquistarsi uno
spazio di libertà nelle strade di San Francisco». La sua
idea si chiama critical mass, è diventata un movimento senza
capo ne coda che ha cambiato la storia sociale della
bicicletta spingendo migliaia di anarco-ciclisti a formare
grumi di resistenza nel traffico per contrastare un sistema
che si regge sul dominio segregante dell'automobile (e per
divertirsi).
A
San Francisco per le biciclette è sempre stata piuttosto
dura. Negli Stati uniti, anche se per legge le biciclette
hanno tutto il diritto di circolare, l'automobile è sacra.
L'impianto stradale di San Francisco è stato concepito solo
per le automobili e fino a dieci anni fa poche persone avevano
il coraggio di scendere dall'auto per salire su una
bicicletta. Se pedalavi, rischiavi di finire per terra fuori
strada. I ciclisti prima di critical mass erano degli
individui che passavano nella stessa strada senza conoscersi e
senza entrare mai in contatto tra loro. Poi, una scelta
individuale considerata stravagante si è trasformata in una
svolta collettiva per la conquista di uno spazio di libertà.
Una specie di zerocrazia dove ognuno fa quello che gli pare,
nel gruppo si chiacchiera, si stringono amicizie, ognuno è
libero di prendere l'iniziativa.
Come
è andata la prima volta?
Dopo
cinque o sei mesi di interminabili discussioni, ho proposto di
incontrarci una volta al mese per organizzare una sorta di
coincidenza collettiva. Per due settimane ho girato San
Francisco mettendo un volantino su ogni bicicletta. Alla fine,
era il 25 settembre del 1992, un venerdì, ci siamo trovati in
un punto preciso alle 18 del pomeriggio - in Market Street -
perché volevamo riunirci tutti insieme per tornare a casa dal
lavoro in bicicletta, come una massa compatta che le
automobili non avrebbero potuto fare a meno di superare.
Avevamo intenzione di chiamare tutto questo Grumo del
Pendolarismo, come un blocco nelle vene che fa saltare il
sistema circolatorio, poi abbiamo scelto Critical Mass.
E'
filato tutto liscio?
Le
prime volte eravamo come invisibili, circa 45 biciclette, la
gente ci salutava sorridendo come si sorride a una comitiva
che va a farsi una scampagnata. Fin da subito la piccola massa
critica ha espresso una contraddizione: c'erano ciclisti che
non vedevano l'ora di bloccare il traffico e fare casino con
gli automobilisti perché li consideravano avversari, altri
invece, la maggioranza, cercavano di farseli alleati: scendete
dall'automobile, gridavano. Il nostro slogan era: «Noi non
blocchiamo il traffico, noi siamo il traffico». E' stato
subito un successo, perché non si trattava di una
manifestazione per conquistare qualcosa in futuro ma di una
cosa bella da vivere nell'immediato, era come se si fosse
concretizzata la possibilità di crearsi uno spazio dove
sperimentare un mondo migliore da vivere subito. Le prime
volte arrivava gente che ci portava fiori e noi li gettavamo
agli automobilisti.
Possibile
che nessuno ce l'avesse con voi?
Beh,
quando siamo diventati un migliaio il traffico di San
Francisco si è bloccato completamente. La polizia non sapeva
come comportarsi, arrivava e cercava di individuare chi avesse
organizzato la manifestazione, voleva parlare con il
"leader", chiedevano se era un appuntamento politico
o sportivo. Facevano multe a caso, 50 o 200 dollari, per
esempio se un ciclista passava col rosso, ma non ha
funzionato: presentavamo ricorso in tribunale, poi è bastato
rispettare le regole del traffico per farli impazzire.
Un
venerdì però è finita male...
Nel
luglio del 1997 il sindaco di San Francisco si era messo in
testa di sradicare critical mass. Voleva aprire una trattativa
e si affannava a cercare un leader per raggiungere un
ragionevole compromesso. Insomma, voleva stabilire una specie
di percorso protetto per trasformare il tutto in un'insipida
parata ecologica. A dire il vero, qualche leader improvvisato
è andato a trattare, ma critical mass non ha mai risposto ad
alcun leader e il tentativo del sindaco è fallito. Quel
giorno il sindaco si è presentato all'appuntamento per
augurarci buon divertimento, ma ha raccolto solo una tremenda
bordata di fischi. La polizia era già piuttosto nervosa. Al
primo tentativo di blocco, più di 7 mila ciclisti si sono
sparpagliati come uno sciame per tutta la città bloccandola
completamente. Non sapevano più cosa fare. Gli elicotteri
volteggiavano in cielo senza sapere dove andare, sono arrivati
i poliziotti con i caschi anti-sommossa e hanno inutilmente
cercato di costruire una diga per bloccare la massa critica.
Alla fine, sono riusciti a imbottigliare un centinaio di
ciclisti, prima li hanno pestati per bene e poi li hanno
arrestati: a ripensarci adesso fa anche un po' ridere vedere
un cop tutto bardato che manganella una povera ciclista, ci
sono le foto...
Adesso
il venerdì è tutto ok?
I
poliziotti hanno imparato che non possono controllare critical
mass, hanno anche imparato che devono stare alla larga. Ci
tollerano. Ormai siamo circa 7-800 ciclisti fedeli e un venerdì
al mese San Francisco ha lo stesso "problema".
Ma
essere ignorati non può anche significare che la massa
critica è stata assorbita e quindi disinnescata? Insomma, la
mancanza di conflitto non rischia di fiaccare i movimenti?
La
storia non finisce mai. E' proprio in quel momento che si può
portare un'esperienza a un altro livello: perché se veniamo
lasciati soli siamo davvero liberi di rendere le nostre
iniziative più interessanti, il difficile è che a questo
punto tocca a noi. Quando il conflitto rientra, siamo gli
unici responsabili dello spazio che ci siamo guadagnati.
Dopo
dieci anni, quali risultati concreti avete ottenuto?
Molti.
Intanto la città è cambiata radicalmente: basta pensare che
dal 1992 a San Francisco ci sono in circolazione il 700% di
biciclette in più. Oggi finalmente la bicicletta esiste nella
testa della gente, anche se è difficile misurare il grado di
consapevolezza delle persone sulla reale portata politica di
questo cambiamento. Sono convinto che chi ha partecipato a
critical mass è cambiato, perché la gente, anche persone che
con la politica non avevano niente a che fare, ha sperimentato
per una volta che si può essere protagonisti di un
cambiamento, anche se piccolo.
Davvero
non c'è niente che non abbia funzionato?
Mi
sarebbe piaciuto che lo spirito situazionista di critical mass
avesse contagiato altri punti di rottura del sistema dove
stanno nascendo i conflitti. Invece non è così.
Perché
proprio attraverso la bicicletta è stato possibile aggregare
una massa inedita capace di porre con forza una questione
fondamentalmente politica? Quanto conta il mezzo?
In
una società dove il capitalismo governa tutto e lo scontro di
classe, incredibilmente, sembra superato - in America tutti
sgobbano ma si credono potenziali milionari... - credo che nel
trasporto ci sia ancora un piccolo spazio per sottrarsi alla
strategia del controllo: staccarsi dal volante
dell'automobile. Magari lo fai anche perché sei spinto da
alcuni principi anti-sistema, ma il fatto è che appena pedali
stai bene perché realizzi subito alcuni tuoi bisogni. Salire
in bici è un modo immediato per disertare un mondo atomizzato
realizzando subito qualcosa di diverso.
Il
problema è come tradurre una scelta individuale in una azione
politica.
Per
molti la forma più normale di resistenza alle forze
economiche più deteriori è il sabotaggio, l'attacco
frontale, l'azione collettiva. Io personalmente sono molto più
individualista. Se qualcosa nei meccanismi che regolano la
società non mi piace, semplicemente dico «ciao, io me ne
vado». Per molti della mia generazione la forma più normale
di opposizione è la diserzione. Non mi piace stare fermo in
coda col culo incollato al sedile? Mollo l'auto e mi diverto
molto di più. Il problema però è che le scelte individuali
sono poco visibili, poco politiche. Noi disertori dobbiamo
metterci insieme in gruppi temporanei e far vedere agli altri
quanto si viva meglio da disertori, in un'azione di
comunicazione in positivo, da individuo a individuo. Credo che
questo sia il significato di critical mass.
Immagino
che attorno alla massa critica sarà fiorito un marketing
molto insidioso. Siete di moda?
In
America si vende tutto e ce l'aspettavamo, eppure non è
successo. Siamo sempre stati tutti d'accordo nel non voler
commercializzare questo spazio libero, sottrarsi al consumo è
un altro modo per disertare questo tipo di mondo.
A
Milano ho visto una bici in vetrina, mi ha colpito l'estetica
aggressiva del modello e il fatto che venisse pubblicizzata
con lo slogan "illegal bike". Forse il mercato ha già
inventato il prodotto giusto per il ciclista critico?
Non
penso che si siano ispirati a noi. Nelle città americane ci
sono i "messangers", quelli che voi chiamate pony
express. Forse quella bicicletta riprende l'estetica dei
ciclisti-postini. Sono molto aggressivi e spericolati, fanno i
duri, hanno i polpacci tatuati...anche loro vengono con noi il
venerdì sera ma si annoiano subito se non ci sono scontri con
la polizia. In America c'è una vera sub-cultura dei ciclisti
machos, organizzano bike-rodeos, gare a lancia in resta, ci
sono anche bici con razzetti sputa fuoco...
Un
consiglio per le neonate masse critiche italiane
Concentratevi
sul piacere e divertitevi: critical mass serve a dire che non
bisogna aver paura di abbassare lo standard di vita. Si può
vivere bene anche guadagnando meno, spendendo meno, lavorando
meno. L'auto è una macchina che succhia energie, soldi,
tempo. La sua funzionalità è sopravvalutata, la verità è
che le auto servono a far girare soldi e produrre posti di
lavoro. Anche l'industria bellica crea lavoro, ma questo non
vuol dire che vada difesa.
siti
su Massa Critica in Italia: sito
che raccoglie le masse critiche italiane massa
critica torino |