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La storia della bicicletta

Nelle terre pianeggianti e assolate di Puglia la bici non è più di moda. I nostri ragazzi hanno vergogna ad andarci a scuola preferendo sfoggiare i poderosi Mercedes dei genitori. Allora il ciclogiornale da vita ad una nuova rubrica per parlare della nobile storia della bicicletta e della sua tremenda attualità.

 

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Capitolo 1

La ruota

la storia inizia dalle origini ossia dalla preistoria, quando cioè l'uomo inventò la ruota

La ruota è una delle prime e più brillanti invenzioni dell'uomo. Fu inventata quando ancora l'uomo viveva in armonia con la natura.

La ruota consente di vincere con intelligenza lo sforzo gravoso imposto dalla legge di gravità e dall'attrito. Poggiati su una o più ruote, persone e cose (le pietre delle piramidi, i monoliti di Stonehenge) diventano trasportabili con facilità. Con l'utilizzo delle ruote l'uomo diventa più potente di un titano.

La ruota quindi affranca l'uomo dal peso della materia e gli da il tempo di pensare, di elevare la propria conoscenza e il proprio spirito.

La ruota rappresenta la forma del nostro pianeta e il suo movimento circolare. Rappresenta il ciclo delle notti e dei giorni, della vita della morte e della rinascita .

Ma la ruota è anche emblema di libertà; è associata ad esempio alla libertà dell'India ed è raffigurata sulla sua bandiera.

Il Mahatma Gandhi vedeva nel tondo arcolaio il mezzo per affrancarsi pacificamente dall'asservimento politico ideologico ed economico agli inglesi.

Ciascun indiano munito di un semplice ed economico arcolaio poteva tessere da se il cotone e ricavarne vestiti senza acquistarli dalle compagnie inglesi.

La ruota è il simbolo dell'India ed anche del primo re unificatore di questa nazione Asoka. Asoka era un condottiero cruento e implacabile.

Ma dopo la sua conversione al buddhismo capì l'enorme dolore e afflizione che aveva arrecato ai suoi sudditi, chiedendo scusa e perdono.

Egli assicurò all'India un lungo periodo di pace e prosperità. Le ruote, simbolo del suo regno e della sua nuova visione compassionevole sono scolpite ovunque in India.

 

La ruota, simbolo della capacità tecnica dell'uomo ma anche della sua capacità conoscitiva e dialettica, di pace e di libertà.

 

La bicicletta è uno dei più brillanti ritrovati umani basati sull'utilizzo pacifico e ecologico della ruota.

Il primo prototipo (draisina, velocipede) fu inventato nel 1817 dal barone tedesco Drais von Sauerbronn. In questa prima versione la bicicletta è una trave appoggiata su due ruote che alloggia una persona che procede a poderose falcate. Il brevetto recita: "una macchina inventata allo scopo di far procedere una persona a grande velocità, rendendo il suo cammino molto leggero e poco faticoso per effetto del sedile che sostiene il peso del corpo ed è fissato su due ruote...". Dunque: 2 ruote e un telaio ed è subito bici. E dunque via di corsa, leggeri malgrado la gravità a caccia di nuove avventure e nuovi cicloamici.

La ruota è il simbolo di www.cicloamici.it  e del suo impegno cicloecologista e pacifista.

(cicloantonio dedica a Angela il 24/01/2004)

 

 

 

 

Capitolo 2


Critical Mass

La storia salta direttamente all'attualità ossia ai giorni nostri per parlare del movimento critical mass. Leggiamo cos'è e come nasce direttamente dal suo fondatore Chris Carlsson,

by C.I.A.(Cycling Intelligence Agency August 14, 2002)


10 Years! ~ Visionary Traffic `Jams' Since 1992Con quella scritta sulla maglietta da battaglia - one car less (un'auto di meno) - Chris Carlsson, 45 anni, ha tutta l'aria di un professore di Berkley in vacanza. E' scrittore, editore, produttore e designer multimediale, da venti anni factotum del movimento californiano. Dodici anni fa ha avuto un'idea geniale che sta facendo il giro del mondo. «Stavo pedalando quando mi è venuto in mente che sarebbe stato bello formare una massa compatta di ciclisti in grado di conquistarsi uno spazio di libertà nelle strade di San Francisco». La sua idea si chiama critical mass, è diventata un movimento senza capo ne coda che ha cambiato la storia sociale della bicicletta spingendo migliaia di anarco-ciclisti a formare grumi di resistenza nel traffico per contrastare un sistema che si regge sul dominio segregante dell'automobile (e per divertirsi).

A San Francisco per le biciclette è sempre stata piuttosto dura. Negli Stati uniti, anche se per legge le biciclette hanno tutto il diritto di circolare, l'automobile è sacra. L'impianto stradale di San Francisco è stato concepito solo per le automobili e fino a dieci anni fa poche persone avevano il coraggio di scendere dall'auto per salire su una bicicletta. Se pedalavi, rischiavi di finire per terra fuori strada. I ciclisti prima di critical mass erano degli individui che passavano nella stessa strada senza conoscersi e senza entrare mai in contatto tra loro. Poi, una scelta individuale considerata stravagante si è trasformata in una svolta collettiva per la conquista di uno spazio di libertà. Una specie di zerocrazia dove ognuno fa quello che gli pare, nel gruppo si chiacchiera, si stringono amicizie, ognuno è libero di prendere l'iniziativa.

Come è andata la prima volta?

Dopo cinque o sei mesi di interminabili discussioni, ho proposto di incontrarci una volta al mese per organizzare una sorta di coincidenza collettiva. Per due settimane ho girato San Francisco mettendo un volantino su ogni bicicletta. Alla fine, era il 25 settembre del 1992, un venerdì, ci siamo trovati in un punto preciso alle 18 del pomeriggio - in Market Street - perché volevamo riunirci tutti insieme per tornare a casa dal lavoro in bicicletta, come una massa compatta che le automobili non avrebbero potuto fare a meno di superare. Avevamo intenzione di chiamare tutto questo Grumo del Pendolarismo, come un blocco nelle vene che fa saltare il sistema circolatorio, poi abbiamo scelto Critical Mass.

E' filato tutto liscio?

Le prime volte eravamo come invisibili, circa 45 biciclette, la gente ci salutava sorridendo come si sorride a una comitiva che va a farsi una scampagnata. Fin da subito la piccola massa critica ha espresso una contraddizione: c'erano ciclisti che non vedevano l'ora di bloccare il traffico e fare casino con gli automobilisti perché li consideravano avversari, altri invece, la maggioranza, cercavano di farseli alleati: scendete dall'automobile, gridavano. Il nostro slogan era: «Noi non blocchiamo il traffico, noi siamo il traffico». E' stato subito un successo, perché non si trattava di una manifestazione per conquistare qualcosa in futuro ma di una cosa bella da vivere nell'immediato, era come se si fosse concretizzata la possibilità di crearsi uno spazio dove sperimentare un mondo migliore da vivere subito. Le prime volte arrivava gente che ci portava fiori e noi li gettavamo agli automobilisti.

 Possibile che nessuno ce l'avesse con voi?

Beh, quando siamo diventati un migliaio il traffico di San Francisco si è bloccato completamente. La polizia non sapeva come comportarsi, arrivava e cercava di individuare chi avesse organizzato la manifestazione, voleva parlare con il "leader", chiedevano se era un appuntamento politico o sportivo. Facevano multe a caso, 50 o 200 dollari, per esempio se un ciclista passava col rosso, ma non ha funzionato: presentavamo ricorso in tribunale, poi è bastato rispettare le regole del traffico per farli impazzire.

Un venerdì però è finita male...

Nel luglio del 1997 il sindaco di San Francisco si era messo in testa di sradicare critical mass. Voleva aprire una trattativa e si affannava a cercare un leader per raggiungere un ragionevole compromesso. Insomma, voleva stabilire una specie di percorso protetto per trasformare il tutto in un'insipida parata ecologica. A dire il vero, qualche leader improvvisato è andato a trattare, ma critical mass non ha mai risposto ad alcun leader e il tentativo del sindaco è fallito. Quel giorno il sindaco si è presentato all'appuntamento per augurarci buon divertimento, ma ha raccolto solo una tremenda bordata di fischi. La polizia era già piuttosto nervosa. Al primo tentativo di blocco, più di 7 mila ciclisti si sono sparpagliati come uno sciame per tutta la città bloccandola completamente. Non sapevano più cosa fare. Gli elicotteri volteggiavano in cielo senza sapere dove andare, sono arrivati i poliziotti con i caschi anti-sommossa e hanno inutilmente cercato di costruire una diga per bloccare la massa critica. Alla fine, sono riusciti a imbottigliare un centinaio di ciclisti, prima li hanno pestati per bene e poi li hanno arrestati: a ripensarci adesso fa anche un po' ridere vedere un cop tutto bardato che manganella una povera ciclista, ci sono le foto...

Adesso il venerdì è tutto ok?

I poliziotti hanno imparato che non possono controllare critical mass, hanno anche imparato che devono stare alla larga. Ci tollerano. Ormai siamo circa 7-800 ciclisti fedeli e un venerdì al mese San Francisco ha lo stesso "problema".

Ma essere ignorati non può anche significare che la massa critica è stata assorbita e quindi disinnescata? Insomma, la mancanza di conflitto non rischia di fiaccare i movimenti?

La storia non finisce mai. E' proprio in quel momento che si può portare un'esperienza a un altro livello: perché se veniamo lasciati soli siamo davvero liberi di rendere le nostre iniziative più interessanti, il difficile è che a questo punto tocca a noi. Quando il conflitto rientra, siamo gli unici responsabili dello spazio che ci siamo guadagnati.

Dopo dieci anni, quali risultati concreti avete ottenuto?

Molti. Intanto la città è cambiata radicalmente: basta pensare che dal 1992 a San Francisco ci sono in circolazione il 700% di biciclette in più. Oggi finalmente la bicicletta esiste nella testa della gente, anche se è difficile misurare il grado di consapevolezza delle persone sulla reale portata politica di questo cambiamento. Sono convinto che chi ha partecipato a critical mass è cambiato, perché la gente, anche persone che con la politica non avevano niente a che fare, ha sperimentato per una volta che si può essere protagonisti di un cambiamento, anche se piccolo.

Davvero non c'è niente che non abbia funzionato?

Mi sarebbe piaciuto che lo spirito situazionista di critical mass avesse contagiato altri punti di rottura del sistema dove stanno nascendo i conflitti. Invece non è così.

Perché proprio attraverso la bicicletta è stato possibile aggregare una massa inedita capace di porre con forza una questione fondamentalmente politica? Quanto conta il mezzo?

In una società dove il capitalismo governa tutto e lo scontro di classe, incredibilmente, sembra superato - in America tutti sgobbano ma si credono potenziali milionari... - credo che nel trasporto ci sia ancora un piccolo spazio per sottrarsi alla strategia del controllo: staccarsi dal volante dell'automobile. Magari lo fai anche perché sei spinto da alcuni principi anti-sistema, ma il fatto è che appena pedali stai bene perché realizzi subito alcuni tuoi bisogni. Salire in bici è un modo immediato per disertare un mondo atomizzato realizzando subito qualcosa di diverso.

Il problema è come tradurre una scelta individuale in una azione politica.

Per molti la forma più normale di resistenza alle forze economiche più deteriori è il sabotaggio, l'attacco frontale, l'azione collettiva. Io personalmente sono molto più individualista. Se qualcosa nei meccanismi che regolano la società non mi piace, semplicemente dico «ciao, io me ne vado». Per molti della mia generazione la forma più normale di opposizione è la diserzione. Non mi piace stare fermo in coda col culo incollato al sedile? Mollo l'auto e mi diverto molto di più. Il problema però è che le scelte individuali sono poco visibili, poco politiche. Noi disertori dobbiamo metterci insieme in gruppi temporanei e far vedere agli altri quanto si viva meglio da disertori, in un'azione di comunicazione in positivo, da individuo a individuo. Credo che questo sia il significato di critical mass.

Immagino che attorno alla massa critica sarà fiorito un marketing molto insidioso. Siete di moda?

In America si vende tutto e ce l'aspettavamo, eppure non è successo. Siamo sempre stati tutti d'accordo nel non voler commercializzare questo spazio libero, sottrarsi al consumo è un altro modo per disertare questo tipo di mondo.

A Milano ho visto una bici in vetrina, mi ha colpito l'estetica aggressiva del modello e il fatto che venisse pubblicizzata con lo slogan "illegal bike". Forse il mercato ha già inventato il prodotto giusto per il ciclista critico?

Non penso che si siano ispirati a noi. Nelle città americane ci sono i "messangers", quelli che voi chiamate pony express. Forse quella bicicletta riprende l'estetica dei ciclisti-postini. Sono molto aggressivi e spericolati, fanno i duri, hanno i polpacci tatuati...anche loro vengono con noi il venerdì sera ma si annoiano subito se non ci sono scontri con la polizia. In America c'è una vera sub-cultura dei ciclisti machos, organizzano bike-rodeos, gare a lancia in resta, ci sono anche bici con razzetti sputa fuoco...

Un consiglio per le neonate masse critiche italiane

Concentratevi sul piacere e divertitevi: critical mass serve a dire che non bisogna aver paura di abbassare lo standard di vita. Si può vivere bene anche guadagnando meno, spendendo meno, lavorando meno. L'auto è una macchina che succhia energie, soldi, tempo. La sua funzionalità è sopravvalutata, la verità è che le auto servono a far girare soldi e produrre posti di lavoro. Anche l'industria bellica crea lavoro, ma questo non vuol dire che vada difesa.

 

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