Dossier dedicato alle bici elettriche e ciclismo urbano a cura dell’ing. Marko Germani con la partecipazione del dott. commercialista Giovanni Laresca per spiegare come accedere al Bonus Bici
L’ing. Marko Germani membro del gruppo tecnico FIAB ed autore del dossier bici elettrica pubblicato sul nostro sito. Lo abbiamo incontrato nel webinar e qui pubblichiamo il dossier da lui preparato sotto forma di FAQ alle più frequenti domande formulate intorno alle e-bike.
Marko Germani ci ha parlato insieme a Ercole Pennetta degli aspetti tecnici pratici, lavorativi, ludici collegati all’uso della bici a pedalata assistita. (https://www.cicloamici.it/wp/2020/05/25/dossier-bici-elettriche/ ).
Da sempre la comunità dei ciclisti è combattuta a proposito della bici elettrica. Molti “puristi” si rifiutano di accogliere la bici elettrica nella comunità e vorrebbero negare alla bici elettrica il permesso di cittadinanza. Il webinar del 29 maggio continueà sicuramente ad alimentare la diatriba.
Ma questo ci darà l’opportunità di dire delle enormi potenzialità che la pedalata assistita offre.
Intanto come mezzo di inclusione sociale che consente a persone anziane e con difficoltà motorie di considerarsi parte della comunità dei ciclisti. Seguono ulteriori possibilità offerte: le cargo bike per trasportare cose e persone, le MTB che scalano le montagne dove nemmeno i più esperti bikers osano.
Al webinar ha anche partecipato come relatore il tesoriere dei Cicloamici, il dott. commercialista Giovanni Laresca. Che dipanerà ogni ombra dal Bonus Bici e ci proporrà ogni migliore consiglio per accaparrarci il famelico famoso buono che sta mettendo in subbuglio la comunicà dei ciclo-internauti.
Premessa
Dal dicembre 2014 possiedo una bici a pedalata assistita e la uso regolarmente per andare a lavorare e portare mio figlio a scuola. La bici “elettrica” mi ha aperto un mondo, permettendomi di pedalare anche dove e quando con una bici “muscolare” non avrei potuto farlo. Grazie ad essa siamo passati in famiglia da due auto ad una sola. Ad oggi ho accumulato più di diecimila km su tre diverse bici di proprietà oltre a diversi “giri di prova” effettuati durante fiere e manifestazioni dedicate. Non sono un venditore o un meccanico esperto, ma penso di poter dire la mia sull’argomento.
Le seguenti FAQ sono rivolte a chi sta accarezzando l’idea di diventare un ciclista urbano grazie agli incentivi statali. Non parlerò di bici da portare con l’auto alla domenica per fare un giro turistico su una ciclabile o un sentiero montano. L’idea di fondo è quella di eliminare la necessità dell’auto, almeno nelle trasferte quotidiane, per schivare il traffico, l’inquinamento, lo stress da pendolarismo. A questo proposito è interessante notare la differenza di risposte alla domanda1″a seguito dell’emergenza Covid, quanto ti manca il “commuting”?” tra automobilisti e ciclisti:
Non posso prometterlo, ma è molto probabile che, con la giusta bici, il viaggio mattutino verso il posto di lavoro o di studio diventi un piacere.
Che bici mi serve?
Dipende da dove vivi, cosa ci devi trasportare, come la vuoi usare.
Pendenze da fare:
pianura: bastano pochi rapporti, tre o anche uno solo per chi è allenato. Pendenze medie, fino al 10%: nove rapporti sono il minimo. Per pendenze superiori, è importante avere almeno 10 rapporti, ma vedi FAQ dedicata
Strade da fare:
Ciclabili lisce come un biliardo: bici senza sospensioni, pneumatici sottili
Ciclabili così così, strade con buche: almeno la forcella anteriore ammortizzata, pneumatici di sezione almeno 1,75″ o (44- in mm).
Carrarecce, strade con binari: doppia ammortizzazione (full suspension) e pneumatici di almeno 2,1″ (o 54 mm), oppure fat bike.
Carico da trasportare:
Solo me stesso: va bene qualsiasi bici. Attenzione però che è quasi impossibile usare la bici come mezzo di trasporto senza una minima capacità di carico. Scordatevi lo zaino, fa sudare tantissimo, è del tutto inadatto al ciclismo urbano. Esistono semmai delle borse laterali che si trasformano in zaino, per trasportarle con più facilità, una volta scesi dalla bici.
Qualche vestito di ricambio, un minimo di spesa: serve una bici col portapacchi, meglio se integrato nel telaio, al quale appendere due borse laterali.
Anche la spesa settimanale: bisogna cominciare a considerare le bici cargo, oppure un rimorchio.
Un bambino, più bambini: se un solo bambino e non troppo grande, si può mettere su un seggiolone attaccato al tubo reggisella e quindi va bene una comune bici da trekking con portapacchi integrato nel telaio. Esistono però altre soluzioni più adatte per il trasporto dei bambini, vedi FAQ 18)
Quali vantaggi offre la bici a pedalata assistita?
Avere una piccola ma efficace assistenza quando si pedala comporta diversi vantaggi, alcuni ovvi, altri meno. Quelli ovvi sono che si possono coprire maggiori distanze con meno fatica e che può usare la bici anche chi non è perfettamente allenato o non vive in pianura. Ma ci sono alcuni vantaggi un po’ meno ovvi, e che possono spingere a usare una bici a pedalata assistita anche un ciclista ben allenato.
La partenza ai semafori è molto rapida: con un po’ di abitudine, si può partire come schegge, evitando situazioni imbarazzanti in mezzo al traffico. Inoltre, anche se il limite di 25 km/h sembra basso, nel traffico cittadino è spesso sufficiente per stare al passo.
C’è molta più scelta nei percorsi: ad esempio si può evitare una galleria scura e puzzolente e passare sopra il colle. Si possono fare strade secondarie meno pericolose anche se più tortuose.
Non ci sono più preoccupazioni sul peso da portare. Quindi si possono portare diversi accessori che migliorano la sicurezza o la fruibilità, come luci, vestiario per la pioggia, catene antifurto…
Apre il mondo delle bici da carico. Portare il bambino o la spesa diventa molto più facile.
Che motore deve avere la bici?
Il grande spartiacque dei sistemi di assistenza è la posizione del motore. I sistemi più economici hanno un motore nella ruota posteriore (o peggio anteriore) e per il resto la bici è la solita bici muscolare. Dall’altro lato stanno i motori nel movimento centrale (tra i pedali). Questa soluzione è molto più raffinata, ma richiede di progettare il telaio della bici ad hoc.
Il vantaggio principale dei motori nel movimento centrale è che girano sempre a velocità costanti, proporzionali alla cadenza di pedalata. Si sfrutta appieno la flessibilità data dai rapporti di trasmissione. In salita, mano a mano che scalo le marce, il motore continua a girare nel suo punto ottimale e aiuta anche a bassa velocità. Viceversa, un motore nella ruota, a bassa velocità, non è in grado di esprimere tutta la potenza nominale: sotto una certa velocità, ovvero sopra una certa pendenza, il motore non aiuta più e anzi diventa una zavorra. Il limite dipende dal tipo di motore, dal controller e dal diametro della ruota, ma orientativamente si può dire che oltre il 15% di pendenza sono da preferire i motori nel movimento centrale.
I motori nel movimento centrale, inoltre, sono in genere dotati di sensore di coppia (o “torsiometro”): l’elettronica fornisce al motore una spinta sempre proporzionale alla spinta che il ciclista esercita, istante per istante, sul pedale. Questo rende l’assistenza molto naturale e prevedibile. Ai bassi livelli di assistenza addirittura sembra di avere solo una bici molto leggera e scorrevole, non si sente alcun effetto di spinta esterna. Viceversa, i sistemi più semplici, spesso associati ai motori nel mozzo, hanno soltanto un sensore di pedalata (“PAS”) che innesta il motore quando sente che i pedali si muovono. La spinta del motore è del tutto slegata dalla spinta del ciclista. La risposta del sistema è lenta, tant’è che serve un interruttore di sicurezza posto sulla leva del freno per interrompere la corrente in caso di frenate di emergenza. Nel caso di motori col torsiometro, tale accorgimento non serve perché il sistema ha tempi di risposta nettamente migliori. La differenza si sente anche quando si deve ripartire in salita: un sistema col PAS impiega metri prima di attivarsi, mentre col torsiometro l’assistenza entra in funzione dopo pochi centimetri di spostamento.
E se mi comprassi un kit per elettrificare la bici che ho in cantina?
Premesso che l’incentivo non si applica ai kit, nella gran parte dei casi, bisogna valutare in che stato è la “bici in cantina”. Tranne rare eccezioni, i kit in commercio sono motorini di bassa qualità da montare nella ruota, senza sensore di coppia. A meno che non siate esperti meccanici di bici e di circuiti elettrici e la bici in cantina non sia un’ottima bici in ottime condizioni, il risultato sarà costoso e di scarsa qualità. Una buona bici a pedalata assistita nasce per integrare l’assistenza, con tutti i componenti dimensionati opportunamente ai maggiori sforzi e prestazioni. Esiste anche una norma EN che le bici a pedalata assistita devono rispettare, la EN151942. In poche parole: consiglio di evitare, soprattutto dalle idee apparentemente geniali che girano su Kickstarter e Indiegogo, e i siti dall’italiano claudicante dei traduttori automatici.
50 Nm, 75, 80… cosa cambia?
Visto che il valore di potenza nominale è fissato per legge, i costruttori usano la coppia come argomento di marketing. I motori più tranquilli, per uso su percorsi con poche pendenze, hanno livelli di coppia inferiori (circa 50 Nm) mentre quelli dedicati alle bici più adatte per salite ripide in genere hanno oltre 70 Nm. Al di là della macro-categoria (“city” vs “mountain/cargo”), piccole differenze di coppia tra un brand e l’altro sono di fatto ininfluenti. Quello che conta è come varia tutta questa spinta al variare della forza e della cadenza che il ciclista imprime sui pedali. Sono differenze minime, difficili da valutare con un giro di prova, figurarsi guardando un solo numeretto.
Per chi è molto leggero e poco allenato, anche un motore con bassi valori di coppia andrà benissimo. Viceversa chi è massiccio, allenato o deve pedalare su una bici molto carica farà bene a cercare motori più spinti.
Ma 250 W non sono pochissimi?
Considerando che il più stupido ciclomotore in giro ha più di mille Watt, e sono legali anche motorini da 4000 W, 250W possono sembrare pochi. Se però guardiamo il mondo delle bici, la prospettiva cambia. Un ciclista professionista difficilmente supera i 500W3, e questo per brevi strappi. Viceversa, il limite di 250W per le pedelec, fissato per legge, si riferisce alla potenza nominale, ovvero a un valore di potenza che il motore è dimensionato per sopportare per 30 minuti senza surriscaldamenti anomali. In realtà, un buon motore da MTB riesce ad esprimere anche 500 W per periodi più brevi. Una persona in salute senza un particolare livello di allenamento produce circa 1,5W per kg di peso. Quindi, avere 250W in più significa triplicare le forze. È una potenza più che sufficiente per usare la bici in condizioni impegnative, ma ancora abbastanza ridotta da demarcare nettamente il limite con ciclomotori ed altri veicoli targati e immatricolati.
Quante marce devo avere? E la trasmissione?
Escludendo alcuni casi particolari, in genere le bici a pedalata assistita hanno una sola corona. I rapporti si ottengono o con un pacco pignoni o con un cambio interno nel mozzo della ruota.
I cambi al mozzo hanno due grandi vantaggi: sono molto resistenti allo sporco (in genere richiedono solo un cambio dell’olio annuale) e permettono di utilizzare una cinghia dentata al posto della catena, cinghia che dura molto di più (15mila km) e non richiede manutenzione. Per contro, i cambi al mozzo sono più pesanti e sono in genere molto cari, soprattutto i modelli con rapporti adatti alle salite più ripide.
La stragrande maggioranza delle bici viene consegnata con un cambio a pignoni e deragliatore. In linea di massima, il cambio viene impostato dai costruttori in maniera tale da avere la terzultima marcia adatta a pedalare sul dritto. Penultima e ultima si utilizzano nelle discese, mentre tutte le altre sono a disposizione per le salite. Intuitivamente, vale la regola che più marce ha una bici, più adatta sarà ad affrontare salite ripide.
Per una stima più precisa delle pendenze massime superabili, chi ha voglia può calcolarsi le velocità minime nei vari rapporti e con diversi livelli di potenza utilizzando due pratici calcolatori on line:
https://www.sheldonbrown.com/gear-calc.html
Ad esempio, nel mio caso, che peso 90kg, con una bici da 25kg e devo affrontare una salita del 20%, se ho a disposizione 600W (200 miei e 400 dal motore) so che posso affrontare la pendenza data a 8,5 km/h. Per poter pedalare a una cadenza ragionevole (almeno 60 pedalate al minuto) a quella velocità, mi serve un rapporto da 38 alla corona e 36 al pignone. Le combinazioni dei parametri sono praticamente infinite; un giro di prova è la soluzione più semplice per capire se una salita è fattibile o no.
Quanti km si fa con una carica di batteria?
Questo è il parametro più difficile da determinare a priori, perché dipende da moltissimi fattori. Come prima approssimazione pessimistica, si può pensare a circa 10 Wh necessari per percorrere un km, quindi 50 km con un pacco da 500 Wh. Quando si percorrono strade molto ripide, più che di distanza bisogna parlare di dislivello, si fanno circa 50Wh ogni 100 metri di dislivello, quindi circa 1000 metri con 500 Wh.
Ma quanto dura una batteria?
Ad ogni ciclo di carica e scarica, le batterie si usurano un po’. Si considera il “fine vita” di una batteria quando questa raggiunge l’80% della capacità originaria (SOH, State Of Health). Mediamente le attuali batterie al litio durano 500 cicli, corrispondenti a una percorrenza di 20/30 mila km. Una batteria di ricambio costa circa 500€, ma i prezzi sono in continuo calo.
Ci sono alcuni accorgimenti che permettono di prolungare la vita della batteria:
non esporla a temperature troppo elevate. Ad esempio non parcheggiare sotto il sole.
Evitare cariche e scariche complete, preferire cicli di carica e scarica tra il 20 e l’80%. (Usate un timer per interrompere la ricarica prima che questa sia completata). Caricate al 100% solo se vi serve effettivamente tutta l’autonomia a disposizione. Le batterie al litio non soffrono l’effetto memoria. Ricariche e scariche parziali non danneggiano la batteria, anzi.
Aspettare qualche ora prima di ricominciare a ricaricare (se possibile).
Ricaricare solo in ambienti a temperatura controllata. Non ricaricare se la batteria è troppo fredda (sotto zero) o troppo calda (più di 30°C).
Se una batteria va completamente a 0% e vi rimane per più giorni, può subire un danno irreparabile. Anche la combinazione di elevati livelli di carica e temperatura danneggiano le celle. Di conseguenza, se non si deve usare la batteria per lunghi periodi, è bene portare lo stato di carica al 60% e una volta al mese controllare che non sia sceso troppo.
Ma si ricarica in discesa?
Pensando all’analogia con le automobili ibride, molti si aspettano che le bici elettriche siano in grado di recuperare l’energia in frenata. Purtroppo le potenze e le masse in gioco sono molto diverse. Rispetto ad un’automobile, un ciclista in bici è molto più leggero, ma anche molto meno aerodinamico. Di conseguenza, in discesa e in frenata c’è poca energia da recuperare. I motori migliori, che come detto sopra sono quelli nel movimento centrale, sono separati dalla ruota posteriore da una o due “ruote libere”, che non permettono di trasmettere energia dalla ruota al motore. Per ovviare a questi problemi le soluzioni sarebbero complicate, costose e pesanti. Il tutto per guadagnare pochissima autonomia (5/10%). È molto più semplice aumentare un po’ la capacità della batteria.
Quanto inquina una bici elettrica?
La batteria di una bici elettrica, rispetto a quella di un’auto o anche di una moto elettrica, è estremamente piccola. Il contenuto energetico di una simile batteria è circa equivalente a un decilitro di benzina. Però, essendo la bici un mezzo molto efficiente, questa energia, insieme a quella proveniente dal ciclista, è sufficiente per percorrere più di 50 km. Quindi, facendo le debite proporzioni, si può dire che una bicicletta elettrica sia una scelta molto valida per ridurre le emissioni, soprattutto se usata in sostituzione ad automobili o motociclette.
Le bici elettriche usate sono una scelta intelligente?
I principali brand di motori nel movimento centrale sono ormai affermati sul mercato da diversi anni. Di versione in versione è migliorata l’autonomia, la fluidità del controllo elettronico e le possibilità di interfacciamento (bluetooth), ma nei punti essenziali, i prodotti erano già molto validi tre/quattro anni fa. Chiaramente una bici usata avrà una batteria un po’ usurata, ma che può andare ancora bene nell’uso quotidiano su distanze minori. Considerando che l’attuale bonus governativo è applicabile anche a bici usate (purché vendute con fattura)4, la bici usata può essere una scelta migliore rispetto all’acquisto di una bici nuova, ma di scarsa qualità. Alcuni consigli:
– Chiedete se c’è una garanzia sulla bici e sul motore (spesso sono separate).
– Provatela prima di comprarla.
– Chiedete un printout dello stato della batteria. Ogni batteria ha memorizzato internamente il numero di cicli effettuati. Stesso vale per i km del motore elettrico. In linea di massima, fino a 10mila km e 200 cicli non ci dovrebbero essere grosse sorprese di manutenzione.
– Misurate lo stato di usura della catena con un calibro apposito. E’ un ottima indicazione della cura che il proprietario precedente ha usato nella manutenzione della bici.
La bici usata è ideale soprattutto se si ha la capacità e la possibilità di fare piccole operazioni di manutenzione da soli.
Ho visto bici molto convenienti con motori da 750 W. Sono legali?
Possono essere legali, ma non come bici a pedalata assistita. Fino a 250 W e 25 km/h, senza acceleratore, vengono considerate del tutto identiche alle biciclette (“velocipedi”, nell’arcaico linguaggio del Codice della Strada italiano). A fianco di questa categoria esistono altre categorie come la L1a e L1b, che permettono limiti di potenza e velocità più ampi, ma ricadono in una legislazione molto più stringente. Il veicolo deve essere omologato, non si può modificare liberamente, va targato, assicurato e guidato col casco come un ciclomotore. Inoltre in Italia non può circolare sulle ciclabili.
Costi di esercizio
Una volta superato lo scoglio dell’acquisto, i costi di esercizio di una bici urbana a pedalata assistita sono abbastanza ridotti. Sfatiamo un mito: il consumo di energia elettrica è irrisorio. Poniamo di percorrere 5000 km in un anno (che non sono pochi), serviranno circa 50 kWh, ovvero 10 € ai prezzi attuali. E’ molto più costosa l’usura sulla batteria causata da queste ricariche, che, per la stessa percorrenza, si può stimare in un quinto della vita utile della batteria, ovvero circa 100€.
Una delle voci di spesa più grosse sono le pastiglie dei freni, che difficilmente durano più di 2000 km e costano tra i 10 e i 20€ per ciascun freno. La catena, se pulita e lubrificata regolarmente, può durare svariate migliaia di km. Un ricambio costa una trentina di euro. È però fondamentale cambiarla ai primi segni di usura (da valutare con un calibro dedicato), altrimenti la catena usurata rovina corone, pignoni e ruote folli. Una volta all’anno conviene fare un check-up da un meccanico per controllare la tensione dei raggi, eventualmente revisionare forcelle e ammortizzatori. Gli pneumatici durano parecchio, sui 5000 km, e non costano cifre spropositate (40€ circa l’uno). Quindi riassumendo, si può stimare una spesa sull’ordine dei 150/300€ all’anno, a seconda della gravosità dell’impiego.
Infine, anche se l’assicurazione non è obbligatoria, consiglio di stipularne una per la Responsabilità Civile. (L’iscrizione alla FIAB prevede automaticamente anche l’assicurazione RC, e costa 30€ all’anno).
E le pieghevoli?
Nota dolente: al momento nessuno ha ancora trovato un connubio ottimale tra bici pieghevole e pedalata assistita.
La Tern costruisce le Vectron, che usano il motore nel movimento centrale. Un’ottima pedelec da aperta, ma ripiegata è troppo pesante da trasportare. Può andare bene se non si dispone di un ricovero serale – piegata può essere riposta in un ripostiglio – ma non sognatevi di portarla per le scale o sui mezzi pubblici, troppo pesante.
La Hummingbird produce una bici pieghevole in fibra di carbonio, dunque leggerissima, disponibile anche con assistenza elettrica. Purtroppo da piegata resta molto ingombrante e ha un solo rapporto.
Esiste la Gocycle GS, con un design innovativo ma con un limite: il motore elettrico non assiste alla partenza. Per scelta di design, l’assistenza entra in funzione soltanto dopo che la bici ha raggiunto una certa velocità. A mio avviso, il momento dove l’assistenza conta di più, in città, è proprio alla partenza.
Infine la Brompton, ha fatto un modello elettrico, ma non è ancora disponibile in Italia5 (stanno avviando la commercializzazione adesso, giugno 2020). Esistono officine specializzate che montano motori ad hoc sulle Brompton6 ed esistono kit dedicati, ma con i caveat di cui alla FAQ 5).
In ogni caso le bici pieghevoli possono essere estremamente utili anche senza assistenza elettrica. Scegliendo un modello sufficientemente compatto, leggero e trasportabile si può sfruttare l’intermodalità, ad esempio parcheggiando fuori dal centro città o utilizzando i mezzi pubblici solo nei tratti meno adatti alla bici.
A proposito di cargo
Le bici cargo sono la chiave per liberarsi davvero della necessità di un’auto. L’assistenza elettrica ha reso queste bici molto facili da usare. C’è un continuo fiorire di nuove proposte sul mercato, tanto che servirebbe un libro per descrivere tutti i modelli e le varianti. Esistono anche trasmissioni e motori dedicati per l’applicazione cargo.
Ma in breve, esistono quattro varianti:
la classica bicicletta però rinforzata e dotata di generosi portapacchi anteriori e posteriori, magari leggermente allungata dietro.
La “bakfiets” o “long john”: la ruota anteriore è montata lontano dal ciclista e viene comandata da un sistema di leve. Tra il manubrio e la ruota si monta un pianale sul quale trasportare di tutto. Molto stabile e agile, anche a velocità relativamente alte, ma poco manovrabile in spazi ristretti.
Esistono poi le cargo a tre ruote, che possono essere ad assetto fisso o con capacità di piega in curva. Quelle fisse sono molto stabili a bassa velocità ma con un certo rischio di ribaltamento in curva e su strade con pendenza trasversale.
Come porto i bambini?
Ci sono quattro modi per portare i bambini, ciascuno con vantaggi e svantaggi:
Seggiolone fissato al telaio
Sistema economico ma con diversi difetti. Il bambino ha poco spazio tra sedile e ciclista. Non sempre è possibile mettere contemporaneamente borse e seggiolone. Finché non si parte, il bambino fissato sulla bici è in una posizione molto instabile. L’altezza della seduta peggiora le conseguenze di un’eventuale caduta. Attenzione in particolare ai sedili che si montano sul manubrio o comunque davanti al ciclista: controllate sempre che i piedini non possano in nessun caso finire tra i raggi della ruota anteriore.
Rimorchio
(A scanso di equivoci, è perfettamente legale, basta rispettare i limiti di sagoma, vedi art. 225 Reg. Esec. CdS) Ha diversi vantaggi: il bambino è in una gabbia di alluminio, col baricentro basso. Il rimorchio può essere usato anche per trasportare carichi. Si può lasciare in asilo e farlo recuperare da un’altra persona. Si può usare facilmente anche con la pioggia. Svantaggi: la bici traente deve avere ottimi freni perché il rimorchio si appoggia ad essa per rallentare. In curva è bene andare piano, perché c’è il rischio di ribaltamento (problema non esistente per i rimorchi a ruota singola, adatti anche all’uso su sentieri). Il bambino, stando in basso, può trovarsi, nel traffico, qualche motorino che gli sputacchia in faccia i gas di scarico. Il casco non sembra essere obbligatorio (vuoto normativo) ma vivamente consigliato se si portano due bambini (potrebbero sbattere con la testa uno contro l’altro). NB Il rimorchio in genere non è adatto per bambini con più di 6 anni / 110 cm di altezza. Ricordatevi sempre di montare la bandierina di segnalazione.
Tag-along o cammellino
Ottimo sistema per bambini un po’ più grandi, che non rischiano di addormentarsi mentre pedalano. Si tratta di una mezza bici, dove la parte anteriore non ha la forcella ma si innesta su un supporto sulla bici trainante. Il bambino può pedalare e contribuire alla propulsione. Sistema molto agile, stabile e flessibile. Difetti: a vuoto il rimorchio tende a saltellare. Anche in questo caso, la bici trattrice deve avere freni sovradimensionati. Il bambino va protetto da sassolini, acqua e detriti che possono sollevarsi dalla ruota posteriore della bici trainante: occhiali e parafanghi obbligatori. Consigliata anche una bandierina di segnalazione.
Cargo bike
Vedi FAQ 16). Per esperienza diretta, posso assicurare che le “long john” sono le preferite dai bambini.
E con la pioggia?
Pedalare con la pioggia può essere divertente se lo si affronta con lo spirito e l’attrezzatura giusti. Casco con frontino per proteggere gli occhiali, occhiali trasparenti, k-way con cappuccio che copra anche il casco, sovrapantaloni e sovrascarpe. Ho provato anche i poncho, ma non mi sono trovato bene. Attenzione a prendere materiali traspiranti e a pedalare con calma, altrimenti si rischia di bagnarsi più di sudore che di pioggia. Se si deve pedalare per più di mezz’ora sotto la pioggia, conviene proteggere solo il busto e la testa e lasciare che le gambe si bagnino.
Osservate un tipico giorno di pioggia: è raro che piova intensamente per dieci ore consecutive. Il più delle volte, in Italia, il meteo è incerto. Senza l’attrezzatura da pioggia, non si prende la bici. Magari poi a fine giornata si constata che, nel periodo in cui ci si spostava, non è piovuto. Viceversa, avendo l’attrezzatura adatta, molto spesso si correrà un piccolo rischio ma senza di fatto incontrare pioggia sul percorso. Inoltre, è proprio quando piove che il traffico automobilistico aumenta e i vantaggi di mobilità della bici si fanno più evidenti.
La bici non ha paura della pioggia. L’importante è avere il giusto lubrificante per la catena (lubrificante “wet”, non idrosolubile). Se i freni fanno rumore, provate ad asciugarli periodicamente frenando leggermente in corsa. Le pastiglie organiche inoltre sono più silenziose. Arrivati a casa però, è importante asciugare la bici con uno straccio. Non è sbagliato accendere un deumidificatore nel locale dove si ricoverano le bici.
Pedalando sotto la pioggia, attenzione ai tombini, ai binari e a tutti gli oggetti metallici. Anche la vernice stradale è estremamente scivolosa col bagnato. Attenzione agli automobilisti, che hanno il campo visivo ulteriormente limitato dai vetri bagnati e appannati. Conviene viaggiare con le luci accese.
E di notte?
Farsi vedere è l’elemento più importante ai fini della sicurezza.
Le bici a pedalata assistita possono usare direttamente la batteria di trazione per alimentare anche le luci. Questa soluzione, anche se costosa, risparmia un sacco di preoccupazioni. Anche se la batteria si scarica completamente, resta sempre sufficiente energia per alimentare le luci ancora una o due ore. In questo modo non serve ricordarsi di mettere in carica altre batterie o luci.
Aggiungete anche adesivi riflettenti davanti e dietro in punti strategici. Consiglio anche un casco con luci integrate: spicca molto bene nel traffico sopra i tetti delle auto. In borsa tengo sempre delle bretelle riflettenti, obbligatorie anche in galleria. Di giorno può essere utile una luce bianca diurna. Esistono molti capi di abbigliamento (guanti, k-way…) fatti in colori sgargianti (per giorno) o riflettenti (per la notte).
Catarifrangenti ed elementi riflettenti sono utili e funzionano benissimo, ma solo per farsi vedere da veicoli con fari accesi. Per farsi vedere da pedoni e veicoli senza fari, servono luci proprie.
Come posso proteggermi dai furti?
Premesso che se un ladro professionista decide di rubare una bici, ce la fa in ogni caso, quello che conta è mettere abbastanza ostacoli al suo lavoro da fargli passare la voglia. La regola empirica suggerisce di comprare uno o più luchetti per una spesa pari al 10% del valore della bici. In particolare, nel caso di bici abbastanza costose, come minimo serve un U-lock di marca. Se poi si aggiunge a questo una catena o un lucchetto a segmenti per bloccare anche la ruota davanti, si può stare abbastanza tranquilli. Per assicurare sellini, manubri e portapacchi, si possono usare dei piccoli e leggeri antifurto a filo o degli speciali inserti per le brugole che ne impediscono lo svitamento senza la giusta chiave.
Le bici pieghevoli hanno anche il vantaggio di poter essere riposte in luoghi sicuri con facilità.
Esistono servizi on-line dove si può registrare la propria bici col numero di serie.
Attenzione ai box auto con la serranda basculante: la classica serratura si viòla facilmente in trenta secondi, facendo un intaglio sulla lamiera a fianco della maniglia. Il ladro inserisce poi un filo di ferro ricurvo per alzare il perno di apertura dall’interno. Di conseguenza, le bici vanno legate anche quando sono parcheggiate in garage o in cantina.
Alcune assicurazioni coprono il furto della bici dal garage; bisogna chiarire i termini con l’assicuratore. Purtroppo non sono a conoscenza di una vera e propria assicurazione antifurto per la bici in Italia.
Note finali
Queste FAQ le ho scritte senza fini di lucro, copiando alcune immagini al volo dalla rete per soli fini informativi. Non è assolutamente mia intenzione promuovere alcuna marca particolare di bici o accessori. Sono socio FIAB ma le opinioni qui espresse sono soltanto mie, non rappresentano la posizione ufficiale di FIAB. Ringrazio gli amici ciclisti per la revisione del documento.
Trieste, maggio 2020