racconto di un’escursione nel Bosco delle Pianelle
Così in un giorno di giugno, in un pomeriggio soleggiato, nel quale la tramontana ha deciso di soffiare, di dare il meglio di sé, a poche ore dall’inizio della bella stagione, un nutrito gruppo di sportivi, naturalisti, rappresentanti di luoghi diversi della nostra meravigliosa Puglia, si danno appuntamento nella Riserva Naturale del Bosco delle Pianelle di Martina Franca. I Cicloamici di Mesagne hanno pensato di lasciare, per questa domenica, le due ruote e di incamminarsi tra i sentieri del bosco tra lentisco, corbezzolo, ginepro, mirto, roverelle, fragni ed erbe delle radure e di procedere fin quando le stelle non fossero diventate il tetto di questo loro andare.
Sono le 17.00 e, smentendo la poca puntualità degli abitanti del Sud, ci si ritrova tutti riuniti alle spalle della bianca costruzione di mussoliniana memoria. In alto, infatti, è ancora leggibile una frase del duce che invita a difendere gli alberi. Per non fare un salto troppo in avanti negli anni, Benvenuto Messia mostra ai presenti foto originali, del 1928 che ritraggono alcuni scorci del Bosco Pianelle, scattate da suo padre Eugenio e da lui gelosamente custodite, sulle foto alberi maestosi, secolari. Altre immagini testimoniano il lavoro dei carbonai nel bosco e anche di chi, sempre in questo luogo, produceva la calce. Il cammino è guidato dall’esperto e appassionato ing. Gianni Grassi, che, come prima tappa, fa soffermare il gruppo nei pressi della monumentale foggia, ne spiega l’importanza nel passato e non solo. Il gruppo prosegue, consapevole che il percorso prevede un tragitto di circa otto chilometri, i tratti sono tutti caratterizzati da una varietà di piante che vengono egregiamente presentate dal botanico prof. Felice Suma, e così si scopre in loco la presenza di tante erbe officinali, le loro proprietà, gli utilizzi più comuni, quelli più particolari, ma anche le credenze popolari che non trovano nessuna conferma scientifica, ma la cui conoscenza è interessante e incuriosisce.
Sicuramente suggestivo, emozionante e sorprendente è stato trovarsi sull’orlo di un precipizio: la Grave della ‘Nzirra: ampia e spettacolare voragine, dalla “bocca” ampia 8 metri per 7, dalla quale si possono vedere concrezioni lunghe più di 10 metri che pendono dal bordo. La voragine è profonda più di 23 metri.
Tante le grotte presenti nel sottosuolo Martinese, più di 112 quelle accatastate. Lungo il tragitto anche la “Grotta del Trullo” e la “Grotta di Piovacqua”.
Dopo aver trascorso diverse ore nel bosco, ecco che la guida continua a carpire l’interesse del gruppo, parlando del… lupo, esemplare presente in questa riserva da alcuni anni, ormai sicuramente in branco. I lupi sono stati immortalati nei loro spostamenti grazie alle foto trappole presenti.
Seguo i Cicloamici da un po’ e devo dire che tutto è organizzato alla perfezione, nulla è lasciato al caso: la natura, l’attività fisica, la conoscenza e la cultura si intersecano l’una con l’altra.
Ho partecipato a questo trekking domenicale, camminato rispettando la distanza fisica, per tener fede alle indicazioni date, ma anche per vivere, senza distrazione alcuna, il bosco: gli odori, i colori, i suoni, le ombre e la luce che filtrava i tra rami e le nuvole, e, seppur da lontano, ascoltavo inflessioni dialettali diverse, argomenti di conversazione che spaziavano, risate, considerazioni, silenzi. Biodiversità nel bosco, diversità negli uomini, rispetto per tutto e per tutti.
Tre le guide previste: l’ing. Grassi, studioso e conoscitore del luogo, il prof. Suma, esperto botanico, Benvenuto Messia, che grazie ai suoi 88 anni, al suo essere fotografo/ciclista/poeta ha potuto essere memoria storica con vissuti legati al passato, quando la legna qui prodotta era bene preziosissimo: da ardere, per la costruzione di carri, per i binari della ferrovia, per le costruzioni, ma, importanti queste querce, anche per le ghiande, cibo per gli animali, in particolare il maiale e da qui inevitabile il riferimento al capocollo e altrettanto inevitabile la declamazione della sua poesia in vernacolo dedicata al salume più rappresentativo di Martina Franca. Inutile dire, che viste le caratteristiche delle nuove tecnologie, il video di questa performance è diventato virale nel giro di poche ore.
Interessante l’intervento del prof. Giuseppe Dambrosio, che ha parlato di farfalle e dell’insetto stecco, in questo luogo che, proprio grazie alla presenza di alcune piante, diventa il loro habitat naturale.
Tornando alla nostra passeggiata, le bellissime scoperte sono proseguite con l’arrivo sull’affaccio panoramico che permetteva di dominare il golfo di Taranto e ammirare dall’alto alcuni dei paesi limitrofi, location ideale per la foto di gruppo.
Ormai al crepuscolo i camminatori, indossato maglioncino o giacca, hanno fatto l’ultima scoperta della giornata, l’imponente masseria Piovacqua, formata da una casa patronale su due piani a cui fanno corona otto coni di trulli altrettanto maestosi, tutto circondato da altissimi muri a secco. Nonostante l’evidente stato di abbandono, sembra non mutata la bellezza, di questa che fino a qualche anno fa era testimonianza del lavoro, delle attività e della vita nelle nostre masserie.
Le torce illuminano il percorso che deve condurre tutti i convenuti al punto di partenza, che non coincide con i saluti e il commiato, perché è prevista una frugale cena al sacco nella zona attrezzata, all’ingresso del Bosco delle Pianelle.
E’ occasione di convivialità, ma anche momento di ringraziamenti pronunciati dal presidente prof. Antonio Liciulli per tutti coloro che hanno collaborato per la buona riuscita della giornata. I presenti, a loro volta, lo ringraziano per l’impegno, per il lavoro continuo, la passione e la gioia con cui organizza ogni evento.
Ci si congeda, con quello stato d’animo, che caratterizza chi ha vissuto a contatto con la natura, nel bosco gli animali notturni danno inizio alla loro giornata, la civetta, simbolo di questo luogo, emette il suo caratteristico verso, le stelle in cielo guardano dall’alto chi torna a casa e chi continua ad abitare questo meraviglioso luogo, terzo polmone verde d’Italia.