Banditi il parchimetro e gli stalli da Piazza IV Novembre a Mesagne
Le associazioni mesagnesi Cicloamici, Wild team, Mesagne on Bike, ASD Atletica Mesagne, Amici Bike Mesagne, Italiabile, Centro Studi Antonucci plaudono l’importate e storica determina dell’Amministrazione Comunale Mesagnese che prelude la piena riqualificazione del Centro Storico come Zona a Traffico Limitato e area pedonale urbana (APU).
Il percorso di accompagnamento dell’Amministrazione Comunale che le associazioni culturali sportive e ambientaliste hanno iniziato nel 2019 durante la settimana della mobilità sostenibile dedicata al Centro Storico di Mesagne compie questo 26 febbraio una tappa fondamentale.
Il riferimento è alla delibera che stabilisce che dal 26 febbraio 2022 sarà rimosso il parchimetro e con esso tutti gli stalli a pagamento da Piazza IV Novembre. La piazza più antica più centrale di Mesagne non sarà più un parcheggio ma un luogo per accogliere con decoro cittadini e turisti.
La piazza della Collegiata, la piazza del campanile e dell’orologio tornerà così ad essere “lu sitili” il luogo di incontro. Non solo nelle sere d’estate della movida quando il centro è interdetto alle auto ma ogni giorno, ad ogni ora del giorno.
La rimozione degli stalli e del parchimetro rappresenta un momento di svolta rispetto alla scelta operata dalla precedente amministrazione comunale che aveva sancito il diritto di parcheggiare dappertutto e sancito anche il tornaconto così poco decoroso di trarre profitto dalle auto parcheggiate nella Piazza simbolo della città.
Piazza IV Novembre diverrà così il salotto buono della città a tutte le ore, il paradigma di una rigenerazione urbana che parte dal decoro e dalla bellezza del centro storico.
Piazza IV Novembre è sempre stata testimone e partecipe degli avvenimenti storici di natura civile, religiosa e anche militare. In passato si chiamava Piazza del sedile o Piazza Municipio e prim’ancora Piazza dei nobili. Sedile o seggio era il nome che veniva dato all’edificio dell’universitas cittadina ossia il luogo dove si svolgeva l’assemblea dei rappresentanti che davano gli indirizzi politici alla città. La denominazione “Sitili” (sedile) usata per designare il municipio rimase in uso fino agli inizi del XIX secolo e ancora oggi la piazza conserva questo nome vernacolare.
La rimozione degli stalli è quindi anche un modo per accendere i riflettori su tanta storia e su tanta vita. Una iniziativa del tutto in sintonia con la candidatura di Mesagne, Umana Meraviglia, a capitale culturale italiana.
E grazie alla rimozione degli stalli tornerà a risplendere la collegiata ovvero la Chiesa madre di Mesagne, uno tra i monumenti più interessanti del 600 pugliese e il monumento simbolo della religiosità e nello stesso tempo simbolo civico per Mesagne. Il nome collegiata era dato alle chiese dove era istituito il capitolo o collegio dei sacerdoti. A Mesagne il Comune ne detiene ancora oggi la proprietà dal punto di vista giuridico. Seppure rilevanti le rendite del capitolo non consentirono al clero locale di rilevare i diritti di patronato vantati dall’Universitas. E fu così che nei secoli è stata la collettività mesagnese a ricostruire la collegiata dalle macerie nel 1649 e a farsi carico delle opere di manutenzione e ristrutturazione nella seconda metà del 1700, e a curare il più recente restauro terminato nel 1994 coordinato dagli architetti Maria Rosaria Cipparrone e Franco Cutri.
Con la rimozione degli stalli si porta a compimento l’impegno preso dal sindaco Antonio Matarrelli al convegno convegno del 17 settembre 2019 dal titolo “Il centro storico nella città di domani” svoltosi in occasione della settimana europea della mobilità.
Proprio durante i lavori del convegno in presenza del rettore dell’università del salento e di esperti di urbanistica e mobilità il sindaco, il sindaco Toni Materrelli, annunciò la rimozione dei primi cinque stalli, quelli davanti la collegiata come prologo alla pedonalizzazione della Piazza.
Mesagne ha un centro storico a forma di cuore. A partire dalla seconda metà degli anni 90 il centro storico è percepito da cittadini e turisti come centro aggregativo, ricreativo e culturale. Le immagini aeree del centro storico e le foto della Collegiata hanno accompagnato il progetto di candidatura a capitale culturale.
Il cuore del centro storico è adesso a piano titolo ed in piena rappresentanza Piazza IV Novembre.
La lettera aperta del 2020 e il convegno del 2019
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La Piazza e i suoi monumenti articolo di Melina Deleo
Melina Deleo descrive l’importanza storica e architettonica di Piazza IV Novembre e dei principali punti di interesse.
LA PIAZZA E LA CHIESA MATRICE
Il nostro centro storico, dopo le significative trasformazioni avvenute nel corso del Seicento, è arrivato fino ai nostri giorni non più modificato, se non in modo marginale.
Percorrendo, pertanto, oggi, strade e piazze del nostro centro storico, noi ci muoviamo nella storia, siamo immersi nella storia, per questo ciò che in origine non fu assolutamente tracciato in funzione del traffico veicolare, non può essere deturpato dalla presenza, quasi sempre massiccia, delle auto in sosta o in transito. A parte altre considerazioni, le auto ci fanno pensare alla velocità, alla fretta, alla vita frenetica, il centro storico, invece, si deve percorrere a piedi e lentamente per conoscere e godere delle meraviglie che la storia ci ha consegnato. Basta cambiare punti di vista e, procedendo lentamente, si presentano ad ogni passo scenari sempre più belli. Cominciando dalla storia della piazza più antica e della chiesa che fa da sfondo, ci rendiamo subito conto degli enormi sacrifici fatti dai nostri antenati per consegnarci simili preziosità. Infatti quella che per secoli è stata la Collegiata di Mesagne, perchè disponeva di un collegio di sacerdoti che avrebbero reso più solenne il servizio divino, la nostra Chiesa matrice è stata da sempre di proprietà comunale, è una chiesa, quindi, che appartiene al popolo mesagnese. Se guardiamo in alto, sul timpano della facciata, vediamo scolpita l’arma dell’Università, lo stemma di Mesagne, a testimoniare questo patronato da sempre vantato e mai messo in discussione da nessuno. Di conseguenza tutti i restauri o ricostruzioni avvenuti nel corso dei secoli sono stati a carico dei Mesagnesi, anche se si attraversavano grandi momenti di miseria e carestia, come nel corso del Seicento.
Oggi il monumento presenta ancora l’assetto che gli fu conferito tra il 1600 e il 1700, perché la Chiesa del Cinquecento era crollata il 31 gennaio 1649. In quella occasione, dopo aver discusso per un anno intero si decise di ricostruire la Collegiata ex-novo, affidando l’incarico all’Architetto Francesco Capodieci.
I lavori si protrassero per dieci anni, dal 1650 al 1660, portando ad una radicale trasformazione del centro cittadino in senso barocco. Il Capodieci, col progetto della nuova Chiesa, introduceva il barocco a Mesagne, seguendo nuovi criteri architettonici e urbanistici.
Se immaginiamo, sul vertice della facciata, la statua del Cristo Risorto, una struttura di mole smisurata (3,50 m di altezza e 2,10 m di larghezza), demolita, perché pericolante, dopo il terremoto del 1856, possiamo ben affermare che nessun edificio mesagnese nel Seicento poteva vantare un altezza superiore a quella della prospettiva della Chiesa Matrice e la facciata, dalla notevole verticalità, si sud- divide in tre ordini di lesene. Con l’alternarsi delle lesene con le nicchie e le sculture raffiguranti gli apostoli, il Capodieci ha saputo creare notevoli effetti chiaroscurali. Sulla cornice, fortemente aggettante del portale, si stagliano le tre sculture, tra cui S.Eleuterio, protettore di Mesagne fino al 1651, quando si radicava tra i mesagnesi il culto della Madonna del Carmine che, proprio nel corso della ricostruzione della chiesa, sostituì il vecchio patrono e la nuova protettrice occupa la parte centrale del terzo ordine, situata su un trono di nuvole. Se dall’esterno possiamo ammirare la Chiesa seicentesca del Capodieci, entrando all’interno, ci troviamo nella Chiesa del Settecento, così come fu restaurata dopo un secolo dalla ricostruzione dell’architetto mesagnese. Bisognava intervenire, soprattutto perché l’antico tetto di legno era ormai fatiscente dopo i danni subiti dal terremoto del 1743.
Mesagne, la sua Università, il suo clero si rivolsero al regio ingegnere e architetto Giuseppe Palmieri di Monopoli, che riuscì a trovare la soluzione per sostituire il soffitto in legno con una volta in muratura, progettando grandi colonne di carparo su cui scaricare le nuove volte e preservando la magnifica facciata ideata nel 1650 da Francesco Capodieci. Inoltre l’ingegnere e architetto Nicola Carletti, con la progettazione delle cosiddette opere di finitura, portava a Mesagne la cultura artistica del Settecento napoletano.
Le grandi finestre ovali che scandiscono le pareti della navata e e le sei finestre realizzate nel rialzo della cupola, fanno sì che la Chiesa sia inondata da una grande massa di luce e quindi sia fortemente illuminata. Gli altari delle cappelle laterali e le pareti dei bracci del transetto sono adorni sia con le tele realizzate dal pittore mesagnese Domenico Pinca nel 1770, sia con tele provenienti dalla Chiesa del Seicento. Da segnalare in particolare il quadro della Madonna del Carmine che i sacerdoti del Capitolo commissionarono nel 1783 ad uno dei più eccellenti pittori, attivo a Napoli, Giuseppe Bonito. È una tela così preziosa da poter affermare in passato che una visita alla Collegiata veniva ripagata dal fatto che si poteva ammirare la tela del Bonito.
IL SEDILE
“Lu Sitili” si chiama ancora oggi quella che per il Mannarino era semplice- mente la PIAZZA, d’altra parte ai suoi tempi era l’unica esistente. Il Sedile era la sede dell’amministrazione cittadina ed era situato sul marciapiede di fronte alla Chiesa Matrice, venendosi così a trovare uno di fronte all’altro il potere civile e il potere religioso e divenendo la nostra Collegiata testimone partecipe della storia cittadina. L’antico tempio infatti oltre a svolgere funzioni religiose era anche utilizzato per manifestazioni civili e l’Università custo- diva il proprio archivio nei locali della sacrestia.
Nel passato, nell’antico Regno di Napoli, il SEDILE o Seggio della Municipalità era la sede del PUBBLICO REGGIMENTO dove si adunava il Decurionato, una specie di attuale Consiglio Comunale sovrinteso da un sindaco che aveva il compito di salvaguardare gli interessi dell’Università, cioè di tutto il popolo, dell’”Universus Populus” contro le ingiustizie e le prepotenze del feudatario di turno. Il Sedile di Mesagne fu ricostruito ex-novo nel 1465 (quindi in precedenza ve ne era stato un altro nello stesso posto) e il Profilo nella Messapografia ci dice che il Seggio o Sedile mesagnese all’interno era “adorno di antichi dipinti a fresco” che rappresenta- vano, in un misto di Pagano e di Cristiano, la Musica, la Poesia, la Scultura, la Pittura, a destra di chi entrava era effigiato il Dio Giano e a sinistra il martirio di S. Eleuterio Antea, sua madre e Corebo, prefetto romano. Il Sedile fu ricostruito dopo il terremoto del 1743, nuovamente restaurato nel 1778, fu sede dell’Università fino al 1835 e poi del Corpo della Guardia Urbana e infine della Guardia Nazionale. Nel 1878 fu abbattuto per allargare la piazza. Fu adibito a sede del Comune il palazzo dell’orologio, di proprietà Comunale, fino al 1868 quando il Municipio veniva trasferito nell’edificio di stile rinascimentale, situato tra piazza Criscuolo e piazza IV Novembre fino al 1936, quando fu trasferito nell’attuale sede di Palazzo dei Celestini.
L’ANTICA FARMACIA DEL LEONE
Fu aperta nel 1900 da Oreste Antonucci, che decise di intraprende- re la propria attività utilizzando i suoi locali, prima sede di un antica drogheria, situati nell’angolo tra il Sedile e via Albricci. Il Dottor Oreste Antonucci ha svolto la sua professione quando la maggior parte dei rimedi, venduti in farmacia, venivano composti direttamente dal farmacista. Il tutto avveniva in un apposito laboratorio che era fisicamente separato ed isolato dal resto della farmacia, dove il farmacista lavorava con la massima scrupolosità, a parte chiuse e sotto la cappa dell’idrogeno solforato che aspirava fumi e solventi, proteggendo l’operatore. Il laboratorio era dotato di tutto ciò che era indispensabile per preparare conservare e vendere medicamenti pozioni e rimedi magistrali in uso in una farmacia pre-industriale. Purtroppo oggi non si possono mostrare al visitatore gli antichi spazi della farmacia di ieri, perché tutto l’arredo restaurato e tornato all’antico splendore è stato sistemato nella prima sala, destinata al pubblico e all’interno degli scaffali ci sono ancora intatti i vasi con le etichette dell’epoca e contenenti alcuni estratti rimasti del tutto integri. Sono circa un centinaio di vasi “a urna”, gli albarelli, che sono di porcellana bianca e dorata con sotto il marchio Ginori. Sui lati si vedono anche tre piccoli scaffali con le diciture “veleni”, “erotici” e “stupefacenti”. Questa farmacia rende una testimonianza per le generazioni future dell’attività e la vita di una farmacia pre- industriale, perché non si perda la memoria. Non si può non rimane- re affascinati da questo luogo dove sono stati maneggiati fornelli, alambicchi, vasi per la preparazione di sciroppi, decotti, unguenti e pomate: un mondo di antichi saperi e mestieri che costituisce un patrimonio storico eccezionale.
IL MONTE DEI POVERI O DI PIETÀ
Al barocco della facciata della Chiesa Matrice fa da contraltare il palazzo rinascimentale che si affaccia su piazza IV Novembre e confina ad ovest con via Albricci e ad est con piazza Criscuolo. L’immobile dell’ex Pretura fu oggetto di restauro una ventina di anni fa per essere destinato a Centro Polifunzionale “Terra dei Messapi”. In questo palazzo, a partire dal Cinquecento, avevano avuto sede le istituzioni locali di pubblica beneficenza dirette e am- ministrate dalla Congrega di Carità e cioè l’Ospedale e il Monte dei poveri che doveva distribuire la rendita ai poveri bisognosi e spendere ogni anno 24 ducati a favore di due ragazze orfane che dovevano maritarsi. Il Monte dei poveri, attraverso le donazioni, accrebbe i propri beni tanto che tra i vari fini ci fu anche quello di dare danaro contro pegno. Nella “Platea o inventario del Monte” del 1788 si legge: ”Il Monte possiede nella piazza una casa con campanile e campana che serviva a dare segnale a chi aveva da pegnorare o spignorare nei giorni stabiliti”. È un palazzo rinascimentale di notevole importanza storico- artistica, risulta terminato nel 1626, come si vede sul cartiglio sulla prima delle tre finestre. Possiamo ammirare la colonna angolare su cui c’è uno stemma ovale, con al centro una croce patriarcale e alla sommità l’Angelo reggi cartiglio con la scritta “Monte di Pietà” e sovrastante un doccione apotropaico. Dal lato di piazza Criscuolo, si vedono ancora lo stemma del Comune e l’iscrizione “Hospitium pauper (um)”. La presenza dello stemma testimonia il concorso del Comune nella spesa per la costruzione del palazzo. L’edificio, che si affacciava alla parte di levante, fu sede per circa trecento anni dell’antico Ospedale di Mesagne fino al 1868, quando divenne CASA COMUNALE fino al 1936.
TESTI CONSULTATI
- Luigi Greco MESAGNE IN ETÀ BAROCCA II vol. scheno, ed.
- LA CHIESA MATRICE DI MESAGNE fra storia e restauri 1996 – 1997
- avv. Antonio Profilo “MESSAPOGRAFIA” 1870
- avv. Antonio Profilo “Vie piazze vichi e corti di Mesagne” 1894
- Architetto Carmelo Profilo Relazione del “Progetto di restauro dell’immobile della ex Pretura” 1999
Piazza IV Novembre polvere di vita, Riflessioni e ricordi di Cosimo Zullo
Una toccante testimonianza su com’era Piazza IV novembre tra il dopoguerra e gli anni settanta
Piazza IV novembre, “Lu sitili”, è stata per molti di noi “polvere di vita”… passione, storia, umanità. Oggi, al contrario, quella piazza è muta: non parla e non ascolta, non è più teatro di confronto e discussione, non è più crogiuolo di incontri politici ed elettorali.
Quando eravamo ragazzi era il luogo di esperienze e conoscenze. Si passava tutti da lì, tornando da scuola, o per andare alle prime riunioni del Partito o del Sindacato. Oppure si stazionava per leggere i manifesti che annunciavano i film del fine settimana. Erano i primi anni del cinema Nibbio e del cinema teatro Ariston.
La domenica pomeriggio poi ci si riuniva per ascoltare dalle radioline dei bar le voci stentoree di Enrico Ameri e Sandro Ciotti di “tutto il calcio minuto per minuto”.
La fera ti li cappotti
Era il cuore pulsante di Mesagne, piena di botteghe e negozi che arrivavano fino alla vicina piazza Criscuolo che era la piazza delle “barberie”. Per non parlare poi della “fera ti li cappotti” che, ogni anno, dalla terza domenica di novembre fino al mercoledì successivo (giorno di mercato settimanale) diventava momento di aggregazione tra le persone.
Centro politico della città
È stata soprattutto il centro politico della città. Dalle sedi del PCI e della DC, una di fronte all’altra, gli altoparlanti annunciavano comizi, manifestazioni, appelli e la piazza si riempiva di gente che accorreva per assistere ai confronti politici. Così è stato dal dopoguerra fino agli anni ’70. Restano memorabili i “vivaci” confronti tra Sante Semeraro del PCI e l’Avvocato Rosario Defrancesco dell’area moderata, sul finire degli anni ‘50.
Per non parlare dei comizi che hanno visto avvicendarsi dirigenti dei vari Partiti. Purtroppo, non ci sono riscontri che quella piazza abbia ospitato anche Giuseppe Di Vittorio, capolista del PCI nel 1953, o lo stesso Bruno Trentin, capolista del PCI nel 1958 ma, nonostante ciò, è impressionante la lista di personalità di rilievo che si sono susseguite.
Da dirigenti nazionali del PCI come Terracini, Reichlin, Macaluso e Chiaromonte (senza dimenticare dirigenti regionali come Giovanni Papapietro e Antonio Somma) a Mario Marino Guadalupi del PSI, Giovanni Malagodi del PLI, Giovanni Spadolini del PRI e Clemente Manco del MSI.
La DC poi era solita chiudere le campagne elettorali proprio in Piazza IV Novembre affidando il palco a Italo Giulio Caiati, mentre il PCI le chiudeva in Piazza Porta Piccola, con la “pasionaria” Lina Perrucci. Già agli inizi degli anni ’80 però, i comizi si svolgevano in Piazza Porta Grande. Ricordo quelli di Giorgio Napolitano, Giovanni Berlignuer, Massimo D’Alema e Nichi Vendola.
Mercato delle braccia
Piazza IV Novembre è stata inoltre luogo di incroci tra chi cercava lavoro e chi lo offriva, il cosiddetto “mercato delle braccia”. Dalla parte opposta del campanile dell’orologio si radunavano i vari gruppi: quello de “li vagnuni ti l’acqua alla pompa” (i giovanotti alle prime armi con il lavoro agricolo), poi “li zappatori”, “li trainieri” e i potatori, infine i lavoratori specializzati addetti alla messa a dimora di tendoni e spalliere, tra cui solo per citarne alcuni: Ottaviano Distante, Damiano Falcone, Iaia Battista, Ciccillo Calcagno. Nei paraggi, si posizionavano – per pagare il salario ai braccianti – anche i “fattori” delle aziende agricole.
Per trent’anni tutto è avvenuto in quel quadrato di città e, leggendo i libri e i documenti storici, appare chiaro come fosse così anche durante gli anni che divisero la Prima Guerra Mondiale dalla Seconda.
Oggi, in quest’era di grandi trasformazioni e innovazioni tecnologiche la piazza si è trasferita in altro “luogo” e in questa fase particolare che stiamo vivendo, con le restrizioni e il divieto di assembramenti per arginare la pandemia del Covid-19, è ancora più forte e struggente vederla così vuota, soprattutto pensando a com’era prima, pullulante di gente e di vita.
15 novembre 2020, Cosimo Zullo