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Carrubi Carati

Gelati

Percorso dedicato al carrubo e

alle sue implicazioni con i diamanti e il gelato

 

Itinerario, testi e ricette di Angela Bruno

 

 Domenica 10 settembre, Mesagne

Carrubi, carati e Gelati

Percorso dedicato al carrubo e alle sue implicazioni con i diamanti e il gelato

( Link alle altre foto sul percorso di Luca troisi:

http://cicloimages.googlepages.com/100906carrubi )

Percorso dedicato ad una pianta tanto antica e nobile quanto trascurata: il Carrubo. Furono i Fenici a diffonderne la coltivazione dal Mediterraneo orientale (area di origine della specie) a tutto il bacino del Mediterraneo. Gli arabi tennero in tale considerazione questa specie (da loro indicata col nome di Kharrub o Charnub) da utilizzare i semi detti carati (dall’arabo qirat) come unità di misura delle pietre preziose.

Fino a metà del secolo scorso la coltura aveva una sa valenza economica come fonte alimentare per gli animali e in alcuni casi come materia prima per l’estrazione dell’alcol.

Oggi gli unici utilizzi industriali delle carrube sono riservati all’industria dolciaria: la farina di semi di carrube è un ottimo addensante, prezioso nella produzione del gelato, ma per il suo costo elevato tende ad essere sostituita da addensanti più economici.

Foto: masseria badessa imponente e con una storia millenaria, isolata e placida nel suo triste stato d'abbandono. La foto di sopra è una panoramica a 360° ripresa da Luca (clic per ingrandire

 

Domenica 10 settembre 2006 i cicloamici sono partiti da piazza Orsini del Balzo a Mesagne (ore 9,30) per dirigersi verso la costa dove si trova l’antica masseria Badessa che presenta maestosi esemplari di carrubi. Impareremo ad apprezzare le numerose peculiarità botaniche della pianta e visiteremo la masseria Badessa.

Lungo il percorso i cicloamici hanno ammirato i maestosi alberi di carrubo che crescono in prossimità della costa brindisina e sono stati guidati a riconoscerne le caratteristiche botaniche e agronomiche, mentre l’approdo pomeridiano in una prestigiosa gelateria mesagnese consentirà di apprezzare le proprietà tecnologiche della farina di semi di carrube.

Caratteristiche del percorso: 40Km in pianura lungo strade secondarie prevalentemente asfaltate.

Raduno dei partecipanti: ore 9,30 Piazza Orsini del Balzo Mesagne, Partenza ore 10

Foto: La capogita illustra il tema del percorso sotto un maestoso albero di carrubo

 

Il GELATO

  Definizione

Il gelato è costituito da un insieme di materie prime (latte, panna, tuorli d’uovo, zucchero, ecc.) che opportunamente dosate e mescolate fra loro, lavorate a bassa temperatura, si consolidano e assumono consistenza e pastosità.

Le miscele base sono essenzialmente di 3 tipi:

Miscele all’uovo composte da zucchero, latte, crema di latte uova e neutro, sono utilizzate per la preparazione di gelati alla crema

Miscele al latte: caratterizzate dall’assenza di tuorli d’uovo e dalla presenza assieme a latte, crema di latte e zucchero di latte in polvere. Tale miscela è impiegata per la produzione di gelati a base bianca (stracciatella, fior di latte, ecc) e per gelati alla frutta.

La miscela base all’acqua , costituita da acqua zucchero e neutro è impiegata per la produzione di sorbetti.

La miscela è essenzialmente costituita da acqua per il 60_70% e sostanze anidre: l’acqua ghiaccia a 4°C formando dei cristalli di ghiaccio, le sostanze anidre in essa disciolte abbassano la temperatura di congelamento dell’acqua.

 

Congelamento della miscela

Perché un gelato sia morbido e cremoso è necessario che i cristalli di ghiaccio in essi contenuti siano piccoli e ben distribuiti nella massa.

La prima fase del congelamento della miscela avviene nel mantecatore (macchina costituta da un cestello metallico le cui pareti sono mantenute a -6°C e da una coclea che monta la miscela e la spinge contro le pareti. In questa fase solo il 50% dell’acqua contenuta nella miscela viene trasformata in cristalli di ghiaccio.

La mantecatrice oltre a gelare la miscela incorpora aria nella massa che si va raffreddando, la quantità di aria inglobata nel gelato varia dal 20_40% nei gelati artigianali a oltre il 100% in quelli industriali, in cui l’aria viene immessa a pressione nella miscela che si sta ghiacciando.

Una volta che il gelato ha raggiunto la giusta consistenza viene tolto dalla mantecatrice e trasferito nei freezer per la conservazione.

Nei freezer il 25-30% dell’acqua rimasta libera durante la prima fase si trasforma in cristalli di ghiaccio, che saranno tanto più grandi quanto più lento è l’abbassamento della temperatura.

Per favorire la formazione di cristalli di ghiaccio piccoli, nell’industria si utilizzano tunnel di indurimento a -40°C dove il gelato sosta per alcune ore per poi essere conservato a -16°C nei comuni freezer.

Dopo la seconda fase di congelamento il 25% dell’acqua inizialmente presente nel gelato è rimasta allo stato liquido e in essa si sono concentrati tutti i solidi solubili inizialmente discioti in tutta la miscela che ora saturano il 25% dell’acqua rendendola incongelabile.

Perché la miscela possa subire questa metamorfosi è di fondamentale importanza che sia preparata con arte.

 

Ciclo di lavorazione della miscela

Mescolando gli ingredienti del gelato si ottiene una emulsione instabile ossia una miscela fra acqua e particelle di grasso che se lasciate in riposo tendono a separarsi per affioramento dei globuli di grasso. Il latte appena munto è un esempio di emulsione instabile: appena munto il latte è costituito da acqua, proteine (caseina e albumina), lattosio e grasso distribuiti uniformemente, se lasciamo riposare il latte per qualche ora i globuli di grasso presenti nel latte tendono a muoversi nel liquido confluendo fra loro a formare globuli più gradi che galleggiano sul liquido. Dopo qualche ora è possibile separare la crema di latte dal latte scremato.

Per ottenere un buon gelato è necessario che l’emulsione ottenuta miscelando i vari ingredienti resti stabile. Per ottenere questo risultato la miscela viene sottoposta ad una serie di trattamenti fisici e chimici:

1)       la pastorizzazione,

2)       l’omogenizzazione

3)       la maturazione

Le prime 2 fasi agiscono con principi fisici, l’ultima permette l’azione chimica degli stabilizzanti del gelato (addensanti ed emulsionanti)

Nel corso della pastorizzazione la miscela viene portata a temperature di 65°C x 30’ o a 85 per 5’ e poi raffreddata rapidamente a 4°C. Il calore, oltre ad abbattere la carica batterica del latte e delle uova contribuisce a fluidificare i grassi facendoli disperdere nel liquido, a sciogliere gli zuccheri, ad attivare gli addensanti e gli emulsionanti e a favorire l’assorbimento di acqua da parte degli addensanti.

 

IL GEATO FATTO IN CASA

Il gelato artigianale può essere realizzato anche a casa partendo da ingredienti semplici, purchè ci si armi di pazienza e si rinunci a priori all’ambizione di ottenere un risultato minimamente confrontabile a quello dei mastri gelatai.

E’ importante avere una piccola mantecatrice della capacità di 0,5-1L di miscela, possibilmente dotata di un buon sistema di raffreddamento, un forno a microonde e uno sbattitore elettrico.

 

Gli ingredienti riportati sono riferiti a una miscela base all’uovo che, a differenza delle miscele bianche, non necessitano di latte in polvere e possono fare a meno dell’aggiunta di emulsionanti in quanto già contengono la lecitina contenuta nel tuorlo d’uovo.

 

MISCELA BASE ALL’UOVO

Latte                                                    500ml (eventualmente aromatizzato con baccello di vaniglia)

Zucchero                                              150g

Destrosio o sciroppo di glucosio             20g

Crema di latte / panna liquida                 180g

Uova intere                                             3

Farina di semi di carrube                         5g (in vendita nei negozi dedicati ad articoli per la pasticceria)

 

  • Unire lo zucchero ai tuorli e batterli fino ad imbianchirli, quindi incorporare ad essi la farina di semi di carrube

  • Contemporaneamente mettere a riscaldare il latte, la panna, lo sciroppo di glucosio ed eventualmente un baccello di vaniglia aperto nel senso della lunghezza o altre spezie come cannella, chiodi di garofano, scorza di limone o di arancio. Far riscaldare fino a raggiungere la temperatura di 80- 90°C

  • Versare la miscela calda sulle uova sbattute con lo zucchero e agitare con una frusta fino a far sciogliere bene lo zucchero e le uova nella miscela.

  • Trasferire la miscela nel microonde a 600W per 1’, quindi togliere dal microonde ed agitare con la frusta, ripetere 2-3 volte finchè la miscela raggiunge una temperatura di 85°C, evitare ceh la miscela bolla perché in questo caso le proteine delle uova si rapprendono e la miscela assume un sapore molto simile a quello della crema pasticcera.

  • Togliere dal microonde. Sbattere la miscela con lo sbattitore elettrico alla massima velocità per 10’ aggiungendo. In questa fase possono essere aggiunti i gusti che non volatilizzano: pasta di nocciole, cacao, caffè liofilizzato ecc.

  • Trasferire la miscela in frigorifero e lasciar maturare per 6 ore agitandola con la frusta di tanto in tanto.

  • Trascorso questo tempo si passa si può versare la miscela nella mantecatrice (dopo aver aggiunto gli eventuali aromi volatili: liquore, essenze, vino liquoroso).

  • Per favorire l’incorporazione di aria nella miscela, si possono aggiungere gli albumi delle 3 uova nell’impasto che sta montando, non prima che abbia assunto una certa plasticità e prima che diventi troppo duro per continuare ad incorporare aria.

  • Gli ingredienti solidi: frutta candita uva passa, scaglie di cioccolata, granella di nocciole ecc, vanno aggiunti poco prima di togliere il gelato dalla mantecatrice

Una volta tolto il gelato dalla mantecatrice può essere conservato in congelatore …. Sempre che resistiate alla tentazione di consumarlo subito!!

 

Il Carrubo (Ceratonia siliqua L.)

Classificazione botanica:

Genere: Leguminosales,

Famiglia: Papilionaceae;

Sottofamiglia: Cesalpinioideae;

Specie: Ceratonia siliqua L.

Le Cesalpinioideae sono piante tipiche dei climi caldi solo poche specie si adattano ai climi mediterranei (il carrubo e l’albero di giuda), presentano fiori unisessuati o ermafroditi.

 Origine e diffusione della specie

Il carrubo è originario del Mediterraneo orientale (Turchia mediterranea, Siria, Israele, Libano). Sembra che siano stati i Fenici a diffondere questa specie dal Libano alle aree in cui si insediarono: Cipro, Rodi, lungo le coste dell’Asia Minore, e delle isole dell’Egeo, in Egitto, nell’Africa settentrionale, in Sicilia, in Sardegna, in Spagna.

Successivamente anche i Greci (X sec. a.C.), i Cartaginesi(IV eII sec.a.C.) i Romani (I sec. a.C) i Bizantini (Vi sec. d.C) e gli Arabi (VII-XI sec. d.C.) si interessarono alla coltivazione e alla diffusione del Carrubo nel Bacino del mediterraneo allo scopo di produrre frutti utili e prelibati per l’alimentazione umana e animale.

Il termine “carrubo” deriva dall’arabo Kharrub o Charnub, anche il termine “carato” che indica il seme del carrubo deriva dall’arabo “qirat”. Furono gli arabi ad utilizzare il seme del carrubo, per la sua uniformità, come unità di peso per i diamanti, le pietre preziose, le perle e l’oro.

Il carrubo, diffuso nel medioevo in tutto il bacino del Mediterraneo, ha perso la sua importanza economica nel mediterraneo Orientale (Turchia, Palestina, Libano) mentre ha continuato ad essere coltivato nel mediterraneo occidentale (Grecia, Cipro, Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Marocco, Algeria ed Egitto).

Foto: I cicloamici giungono nella piantagione dei carrubi

Fino al secolo scorso la coltura è stata utilizzata per l’alimentazione del bestiame (bovii, ovini, suini  soprattutto equini) e per l’alimentazione umana, a tale scopo sia in Sicilia che in uglia sono state selezionate cultivar con caratteristiche agronomiche di pregio per la qualità e la quantità di frutti prodotti. Oggi la coltura è in decadenza con grave perdita di piante secolari e di patrimonio genetico frutto di secoli di selezioni e adattamento della specie alle condizioni pedoclimatiche locali.

 

Caratteri Botanici e fisiologici

L’albero del carrubo è molto longevo, ha uno sviluppo lento, è sempreverde e presenta una chioma folta e molto ampia, il diametro raggiunge e supera i 10m.

L’apparato radicale è formato da un lunghissimo fittone, ricco di radici laterali che si sviluppano oltre 20 m oltre la proiezione della chioma. Un apparato radicale così imponente consente alla pianta di procurarsi acqua e sostanze nutritive anche in ambineti particolarmente siccitosi e poveri, inoltre, essendo una leguminosa, riesce a fissare l’azoto del suolo. Si adatta a terreni calcarei, siccitosi, superficiali, sabbiosi e ne migliora la fertilità e la struttura, per questo viene usata come pianta miglioratrice dei suoli forestali nei programmi di rimboschimento.

Le foglie sono composte da un numero pari di foglioline di forma obovale o subrotonda a margine intero e con un corto picciolo, sono particolarmente coriacee per resistere al caldo estivo.

La specie è poligamo dioica, presenta cultivar a fiori maschili, CV a fiori femminili e Cv a Fiori ermafroditi o misti. I fiori sono privi di perianzo (senza calice e corolla) e sono raccolti in racemi. I fiori maschili presentano 5 stami e quelli femminili un pistillo monocarpellare.

I racemi fiorali si originano da coni gemmari posti sulle branche di 5-6 anni, oppure sulle branche principali e sul tronco. I fiori sbocciano da settembre a d ottobre, l’impollinazione è entomofila e in parte anemofila. Il frutto comincia a svilupparsi subito dopo l’impollinazione, ma poi, per effetto di sostanze inibitrici blocca il suo sviluppo per riprendere a svilupparsi nella primavera- estate successiva. I frutti maturano da agosto a settembre.

Foto: racemi fiorali del carrubo

La necessità di mantenere i frutti sulla pianta per un anno intero ha fatto si che questa pianta sviluppasse le gemme fiorali non sui rami più esterni della chioma, ma su quelli protetti dalle intemperie e dal vento.

 

Ecologia e propagazione

Il carrubo si adatta a limi estremamente siccitosi (le piogge autunno vernine che caratterizzano la zona del carrubo vanno da 300 a 1300mm), a terreni poveri ma richiede climi caldi in cui la temperatura invernale non scenda al di sotto di 10°C e quella estiva si mantenga al di sopra dei 20°C per almeno 4 mesi. Ciò spiega il motivo per cui in Puglia la pianta è diffusa nelle aree costiere da Bari a Lecce mentre scompare nell’entroterra.

La pianta entra in produzione dopo 10 anni dall’impianto a patto che sia possibile l’impollinazione (ci siano piante a fiori femminili e maschili), se la pianta è stata ottenuta da seme i frutti saranno di qualità scadente, per avere frutti carnosi e dolci, bisogna innestare le piante con gemme o marze provenienti dalle cultivar selezionate per la coltivazione del carrubo nei secoli passati, (ogni zona della Puglia ha le sue varietà caratteristiche) oppure chiedere al proprio vivaista di fiducia varietà di carrubo innestate.

 

Produzione, Composizione ed utilizzazione

Una pianta adulta di carrubo produce 100kg di frutto da cui si ottengono 10Kg di semi ci carrube (carati).

In passato la pianta era coltivata essenzialmente per la polpa, utilizzata nell’alimentazione umana e del bestiame. La polpa è costituita per il 10_30% da glucosio e saccarosio, per il 20_58% da mucillagine, cellulosa (10%) e da un 8% di proteine, questa componente proteica in ambineti dove l’allevamento non poteva contare su leguminose foraggere come l’erba medica (che necessita di irrigazione nel periodo estivo) è stata estremamente preziosa nei secoli passati.

Oggi la polpa è destinata esclusivamente alla produzione di “Carcao” un surrogato del cioccolato povero di grassi e privo delle sostanze eccitanti tipiche del cioccolato.

Molto più importane della polpa oggi è la farina di semi di carrube utilizzata nell’industria alimentare, farmaceutica, tessile e cartacea.

La farina è costiuita per l’80% di “carrubina” una gomma naturale composta di cannoni e galattoni che la capacità di assorbire acqua per 100 volte il suo peso.

Per questa caratteristica è utilizzata come addensante nell’industria dolciaria soprattutto per la produzione di stabilizzanti per i gelati.

Per le sue proprietà astringenti, antidiarroiche e rinfrescanti è utilizzato anche nell’industria farmaceutica.  

 

Liquore di Carrube

Fonte: sapori e aromi da piante e frutti spontanei nella Puglia peninsulare (Di tonno Lamusta) (edito da: Amici della A. De Leo Brindisi)

 

Ingredienti

Carrube 1Kg

Alcol L 1

Acqua L 0,900

Zucchero G 600

 

Sminuzzare le carrube, metterle in alcol e lasciarle in infusione x 20 giorni. Preparare lo sciroppo sciogliendo a caldo lo zucchero nell’acqua. Lasciar raffreddare e mescolare l’alcol filtrato con lo sciroppo. Dopo qualche giorno filtrare il tutto e usare  dopo almeno 2 mesi.

 

BIBLOGRAFIA:

 

G. Preti, 1985 ristampa 2002, Il gelato artigianale italiano. Ulrico Hoepli Editore S.p.A. www.hoepli.it (acquistato in una libreria di Brindisi)

 

Paolo Spina, 1986. Il carrubo. Collana manuali tecnici dell’Edagricole (acquistato alla fiera del Levante)

Foto: La capogita illustra il tema del percorso sotto un maestoso albero di carrubo