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Domenica mistica tra i
trulli di Cisternino
a
cura di Tonia De Guido
Domenica 17 ottobre: pedalata breve ma ricca di piccole
sorprese.
Partenza con un bellissimo sole e, come al solito, con circa
mezz’ora di ritardo, ma chi ci conosce lo sa, senza le nostre perdite di
tempo non saremmo dei cicloamici veraci.
Taccuino |
Raduno
e partenza: Agriturismo
Montedoro SP 581 Ceglie - Martina Franca ore 8:45. E'
facile ritrovarsi: da Ceglie bisogna percorrere 8Km verso
Martina, l'agriturismo è sulla sinistra indicato da una
insegna di legno. Per chi viene da Martina, 8Km e
l'agriturismo si trova sulla destra.
Percorso si
imbocca il Canale dell'Acquedotto all'altezza
di 300m a Sud della Masseria Montedoro, preseguendo verso
Nord. Dopo 7Km di un percorso fiabesco tra
boschi di quercia e macchia, trulli e ulivi si arriva Centro Bhole
Baba. A Sud il percorso conduce fino a Villa Castelli, ma
questa è un'altra storia.
Foto:
i caratteristici cancelli di ingresso della strada del canale
dell'acquedotto sono il segnale che guidano il cicloturista sulla
giusta via.
Pranzo
Presso il Centro Bhole Baba, previa prenotazione e con un contributo
di 5 euro è possibile essere ospitati a pranzo. Pranzo
ovviamente vegetariano
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La prima sorpresa è stata la
sparuta rappresentanza dei mesagnesi “fondatori” (era addirittura
assente il ciclotesoriere che, per giuste cause di forza maggiore, ci ha
raggiunto in macchina con la famiglia) e la presenza invece di cicloamici
nuovi anche di origine extra-provinciale: è il gruppo che si espande grazie
al fascino calamitante del nostro coordinatore regionale nonché
ciclovice-presidente, o è stata la meta della nostra pedalata la fonte di
attrazione?
Abbiamo pedalato per un tratto molto bello dell’acquedotto
pugliese che si snoda tra i trulli della Valle d’Itria, in una piacevole confusione
di profumi di timo, menta e finocchio selvatico e di colori delle moltissime
specie tipiche della macchia mediterranea, anche di specie altrove ormai
rare.
Foto:
In alcuni
tratti del percorso dell’acquedotto è possibile trovare anche delle
piccole e bellissime orchidee selvatiche. Se vi dovesse capitare di vederne
per favore non tiratele via, ammiratele dove sono e hanno resistito perché
nessuno le ha calpestate.
Dopo appena 7-
8 km
tra i coni dei trulli in mezzo alla campagna siamo stati catturati dalla
cupola arancione del piccolo tempio dell’Ashram Bhole Baba. Ci siamo
ritrovati in un brulichio di persone in festa attratte dalla bella domenica
di ottobre, dal fascino dell’Ashram e dal Lama tibetano Geshe Gedung
Tarchin ospite per alcuni giorni del centro Bhole Baba.
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Cos'è
l'Ashram Bhole Baba
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A
Cisternino, in provincia di Brindisi, tra ulivi,
mandorli e trulli, è sorto nel 1979, il Centro
Bhole Baba. L'Ashram è un Centro Spirituale
in esso si possono trovare
simboli di diverse religioni. Alle immagini
di San Francesco, della Madonna, dei SS Medici si alternano le immagini del
Dio Ganesh addobbato con fiori e ghirlande, di Babaji (lo yogi a cui si
ispirano i responsabili di Bhole Baba) e le grandi scritte dei Mantra sui
muri
Nell'Ashram
della valle d'Itria,si respira anche aria di
India: odori, colori, riti e simboli sono
esattamente quelli che si colgono nelle strade di
Benares. Dal
1990 c'è, nell'Ashram, un dhuni perenne, il
Dhyana Yogi Dhuni, dove arde un Fuoco Sacro tenuto
sempre acceso dai discepoli del Maestro Indiano
Babaji. E' una costruzione circolare per la
meditazione, dove all'alba e al tramonto viene
eseguita la puja (cerimonia) , l'offerta al fuoco
e la ripetizione dei mantra.
Per
maggiori informazioni, per seguire i corsi e per
soggiornare nell'Ashram, scrivere a :
Fondazione Bhole Baba - C.da Portarino, 10 - cas.
Post. 138 - 72014 Cisternino (Br) oppure
telefonare a 0804448735
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Pervasi un po’ tutti da curiosità
e con il nostro ciclovice, nonché coordinatore, nonché cicloguru, oramai
in brodo di giuggiole per l’atmosfera a lui affine e soprattutto per la
presenza del Lama, abbiamo assistito al seminario su Dharma Spiritualità e
Meditazione, tenuto
per l’appunto dal Lama tibetano Geshe Gedung Tarchi.
Foto: un
momento del seminario del Geshe Tarchin. Chi si aspettava di ricevere da lui
tutte le verità di questo mondo è rimasto deluso. Il suo insegnamento è
stato: ciascuno deve cercare dentro di se, sperimentando e impegnandosi con
uno sforzo costante verso un agire virtuoso. Il maestro può indicare la
via, ma tocca a noi intraprenderla e arrivare alla meta .. con intelligenza
e gioia.
.
Il Lama Geshe ci ha
parlato di cause ed effetti di azioni non virtuose e azioni virtuose, delle
capacità di aspettare – capacità di digiunare – capacità di pensare
(principi che a mio parere potremmo considerare molto simili alle quattro
virtù cardinali: pazienza, sapienza, temperanza, tolleranza).
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Foto:
la bellissima ciclosegretaria e il cicloamico Riccardo seguono con
attenzione il seminario del Geshe Tarchin. I due validissimi motivi per cui
il tesoriere ci ha raggiunti in macchina.
A conclusione
del seminario, dopo un flebile dibattito sofistico e scontato, il nostro
“razionale” Baldassarre è riuscito ad accendere una discussone molto
interessante su come si possa conciliare la vita quotidiana accelerata e
frenetica con la necessità di meditazione e spiritualità che è fonte
delle azioni virtuose. L’interrogativo di Baldassarre diventa ancora più
critico quando lo si trasferisce su larga scala: in situazioni drammatiche,
come quella esistente ad esempio in Tibet, fino a che punto possono
spingersi la capacità di aspettare, digiunare, pensare?
Foto:
i cicloamici posano accanto al Geshe Tarchin.
.
Per la gioia del ciclovice, nonché coordinatore, nonché
cicloecologista-vegetariano, abbiamo pranzato alla vegetariana maniera:
pasta condita con un derivato della soja, surrogato della carne; un secondo
a base di seitan (derivato del frumento), surrogato della carne; dolce a
base di riso e latte.
.
Foto:
Dopo pranzo tutti a lavare i piatti e olio di gomito
per lavare i pentoloni.
Una domanda da onnivora: considerato che nessun derivato
vegetale può sostituire completamente la carne dal punto di vista
nutrizionale, mi chiedo ma i vegetariani che necessità avranno mai di
utilizzare degli “elaborati” che simulino la carne, forse che il loro
istinto carnivoro non è stato eliminato ma è solo represso in un
pericoloso stato latente?
Dopo pranzo siamo ripartiti verso le nostre macchine, ci ha
inseguito un nuvolone che per fortuna, o forse per l’energia mistica e
positiva che sprigionavamo, ha scatenato l’acquazzone solo dopo che bici e
persone erano già in macchina.
Foto:
il cicloguru saluta Geshe Gedun Tarchin. Momento di gioia ed esaltazione
in cui risulta difficile al ciclocaporedattore, tenere nascoste le simpatie
verso gli insegnamenti di Siddharta.
Vi lascio con l’invito fattoci dal Lama Geshe:
affrontate la vita con Mind and Joy = pensiero e gioia fuse insieme.
TIBET: Terra di Pace,
Terra di Guerra
Immaginate una terra circondata dall’imponente catena
Himalayana; una “Terra delle Nevi” con paesaggi spettacolari in cui la
gente vive in perfetta armonia con l’ambiente circostante e dove anche
l’architettura è un tutt’uno con il paesaggio roccioso. Immaginate la
vita di questa civiltà intrecciata con il mondo spirituale dei monaci
buddisti, insomma un filo continuo tra terra e cielo: il paradiso.
Immaginate l’esercito della Repubblica Popolare Cinese che
invade la “Terra delle Nevi” la occupa provocando morte e distruzione:
l’inferno.
L’inferno del Tibet inizia nel 1950 con l’invasione da
parte della Repubblica Popolare Cinese. Per otto anni il Dalai Lama, capo di
stato e guida spirituale del Tibet, ha tentato la via della convivenza
pacifica con i cinesi. La resistenza tibetana, portata avanti secondo i
principi della non-volenza, ha cercato di arginare la conquista del
territorio da parte della Cina fino a giungere ad un’insurrezione
nazionale contro i cinesi il 10 marzo del 1959, data rimasta nella storia
del Tibet perché l'esercito “di Liberazione”
Cinese ha schiacciato l'insurrezione uccidendo più di 87.000 tibetani, nel
solo Tibet centrale.
Il Governo tibetano è stato riorganizzato in
esilio, con sede a Dharamsala, nell'India settentrionale, e il popolo
tibetano, sia all'interno che all'esterno del Tibet, considera il proprio
Governo in Esilio come l'unico governo legittimo del Tibet. Inoltre,
l'Amministrazione Centrale Tibetana (CTA), è riuscita a costituire in
esilio (principalmente in India, in Nepal e in Bhutan) scuole, monasteri e
varie istituzioni tibetane e ad integrare i rifugiati in centri agricoli e
artigianali.
La repressione della popolazione tibetana da
parte della Cina è ancora spietata. Il Dalai Lama, uomo di pace, sta
tentando di riaprire un dialogo con la Cina che rimane assolutamente sorda
così come lo sono l’ONU e le nazioni occidentali che, per ragioni
economiche, si guardano bene dal criticare la Repubblica Popolare Cinese.
Probabilmente anche le ragioni di sicurezza hanno la loro importanza, la
Cina certo è ben fornita di armi di distruzione di massa.
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Chi
è Geshe Gedung Tarchin
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Geshe
Gedung Tarchin è nato in Nepal da genitori tibetani,
nel 1963 (2 anni + vecchio del cicloguru). Monaco di
tradizione Gelugpa, dopo 18 anni di studio, ha
conseguito il titolo di Geshe Lharampa nel Monastero di
Ganden in India. Arrivato in Italia nel 1995 su invito
del Dalai Lama, attualmente è la guida spirituale
dell'istituto Lama Rim di Roma.
Ulteriori
informazioni sul Lama e sull'Istituto Buddhista nel bel
sito http://www.geduntharchin.it
"Sveglia
la tua volontà, possente e suprema
pratica l'amore,
dai gioia e protezione
che la tua generosità sia come
lo spazio, senza confini né discriminazioni.
Fa buone
cose, non solo per te ma per tutti gli esseri
dell'universo
salva e libera coloro che
incontri
aiutali a conseguire la saggezza della via"
PRAJNAPARAMITA
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Aiutiamo
i rifugiati tibetani
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Da
alcuni anni Gedun Tharchin, affiancato da alcuni
volontari di Roma, è vicino ai rifugiati tibetani
profughi in India e Nepal: vecchi, bambini
monaci molti di questi anziani tramite
un'iniziativa di sostegno a distanza.
Documentiamoci e decidiamo di sostenere questa
iniziativa! L'iniziativa si svolge con il
patrocinio
dell’ Istituto LamRim
Associazione non
commerciale senza fini di lucro
Via della Balduina, 73 - int. 24 — Roma |
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Discorso per il premio Nobel per la pace |
di Tenzin Gyatso, Sua Santità il XIV Dalai Lama del Tibet
(www.tibet.com,
Tibetan Government in Exile's Official Web Site)
Di
seguito alcuni stralci del discorso pronunciato del Dalai
Lama per il Premio Nobel per la Pace. E’ un discorso da cui traspira lo
spirito buddista: pacifista, non violento, in perfetta armonia con
l’ambiente e con tutti gli esseri viventi.
Oslo,
10 dicembre 1989
La
pace, nel senso di assenza di guerra, è di scarso valore per chi sta
morendo di fame o di freddo. Non eliminerà il dolore della tortura inflitta
a una persona messa in prigione per le sue idee. Non conforta coloro che
hanno perduto i loro cari in alluvioni causate dall'insensato disboscamento
in un paese vicino. La pace può durare solo dove sono rispettati i diritti
umani, dove la gente è ben nutrita, e dove gli individui e le nazioni sono
liberi. La vera pace con noi stessi e con il mondo intorno a noi può
essere raggiunta solo attraverso lo sviluppo della pace mentale. Gli
altri fenomeni sopra citati sono interrelati in modo analogo. Così, per
esempio, vediamo che un ambiente pulito, la ricchezza o la democrazia
significano poco di fronte alla guerra, specialmente di tipo nucleare, e che
lo sviluppo materiale non è sufficiente ad assicurare la felicità umana.
Il
progresso materiale è ovviamente importante per l'avanzamento umano. In
Tibet, abbiamo prestato troppa poca attenzione allo sviluppo tecnologico ed
economico, e oggi ci rendiamo conto che questo è stato un errore. Allo
stesso tempo, lo sviluppo materiale senza sviluppo spirituale può anch'esso
causare gravi problemi.
In
alcuni paesi, si presta troppa attenzione alle cose esterne e si dà
pochissima importanza allo sviluppo interiore. Io credo che entrambi siano
importanti e debbano essere sviluppati fianco a fianco in modo da ottenere
un buon equilibrio tra di essi. I tibetani sono sempre descritti dai
visitatori stranieri come gente felice e gioviale. Questo fa parte del
nostro carattere nazionale, formato da valori culturali e religiosi che
pongono l'accento sull'importanza della pace mentale ottenuta grazie a un
sentimento di amore e benevolenza per tutti gli esseri senzienti, sia umani
che animali.
La
pace interiore è la chiave di tutto: se avete la pace interiore, i problemi
esterni non influenzano il vostro profondo senso di pace e tranquillità. In
queste condizioni di spirito, si possono trattare le situazioni con calma e
ragione, mantenendo la felicità interiore. Questo è molto importante;
senza la pace interiore, per quanto confortevole sia materialmente la nostra
vita, restiamo spesso preoccupati, turbati o infelici a causa delle
circostanze.
Chiaramente,
è di grande importanza comprendere le interrelazioni tra questi e altri
fenomeni dobbiamo perciò affrontare e cercare di risolvere i problemi in un
modo equilibrato che tenga conto di questi differenti aspetti. Questo,
ovviamente, non è facile, ma è di poca utilità tentare di risolvere, un
problema se così facendo se ne crea un altro altrettanto grave.
In
realtà, quindi, non abbiamo nessuna alternativa: dobbiamo sviluppare un
senso di responsabilità universale non solo nel senso geografico ma anche
per quanto riguarda i diversi problemi presenti nel nostro pianeta. La
responsabilità non è solo dei leader dei nostri paesi o di coloro che sono
stati nominati o eletti a fare un particolare lavoro, è anche di ciascuno
di noi, individualmente. La pace, per esempio, inizia dentro ciascuno di
noi. Se possediamo la pace interiore, possiamo relazionare perfetti rapporti
di pace con tutti coloro che ci circondano.
Quando
la nostra comunità è in uno stato di pace, può condividere questa
preziosa qualità con le comunità vicine, e così via. Se proviamo amore e
benevolenza per gli altri, questo non solo fa sentire gli altri amati e
oggetto di benevola attenzione, ma ci aiuta anche a sviluppare felicità e
pace interiori. Ci sono sempre dei modi in cui possiamo lavorare
coscientemente a sviluppare sentimenti d'amore e di benevolenza. Per alcuni
di noi, il modo più efficace di farlo è attraverso la pratica religiosa.
Per altri, può esserlo attraverso pratiche non religiose. Ciò che è
importante è che ciascuno di noi faccia un sincero sforzo di assumere sul
serio la propria responsabilità per ciascun altro e per l'ambiente
naturale.
Anche
l'assegnazione qui in Norvegia del premio Nobel a me, un semplice monaco
originario del lontano Tibet, riempie di speranza i tibetani. Essa significa
che, nonostante non abbiamo attirato l'attenzione sulla nostra situazione
per mezzo della violenza, non siamo stati dimenticati. Significa anche che i
valori che abbiamo cari, in particolare il nostro rispetto per tutte le
forme di vita e la fede nel potere della verità, sono oggi riconosciuti e
incoraggiati. È anche un tributo al mio maestro spirituale, il Mahatma
Gandhi, il cui esempio è una fonte d'ispirazione per tanti di noi. Il
premio di quest'anno è un'indicazione che questo senso di responsabilità
universale sta crescendo. Sono profondamente commosso dal sincero interesse
mostrato da così tante persone in questa parte del mondo per le sofferenze
del popolo del Tibet. Questa è una fonte di speranza non solo per noi
tibetani ma anche per tutti i popoli oppressi.
È
sulla base di questa situazione che peggiora ogni giorno, e per impedire un
ulteriore spargimento di sangue, che ho proposto quello che viene
generalmente chiamato "Piano di pace in cinque punti" per il
ristabilire la pace e i diritti umani in Tibet. Ho elaborato questo piano in
un discorso a Strasburgo l'anno scorso. Credo che il piano rappresenti una
cornice ragionevole e realistica per negoziati con la Repubblica popolare di
Cina. Finora, però, i leader cinesi non sono stati disposti a rispondere in
modo costruttivo. La brutale repressione del movimento democratico cinese
nel giugno di quest'anno ha tuttavia rafforzato la mia opinione che
qualsiasi sistemazione della questione tibetana avrà senso solo se
sostenuta da adeguate garanzie internazionali.
Il
Piano di pace in cinque punti affronta i principali problemi interconnessi,
gli stessi problemi a cui mi riferivo nella prima parte di questo discorso.
Esso
chiede:
-
la
trasformazione dell'intero Tibet, comprese le province orientali del
Kham e dell'Amdo, in una Zona di ahimsa (non violenza);
-
l'abbandono
della politica di trasferimento della popolazione cinese;
-
il
rispetto dei diritti umani fondamentali e delle libertà democratiche
del popolo tibetano;
-
il
ripristino e la protezione dell'ambiente naturale del Tibet; e
-
l'inizio
di seri negoziati sullo status futuro del Tibet e delle relazioni tra i
popoli tibetano e cinese.
Nel discorso di Strasburgo, ho proposto che il Tibet diventi un'entità
politica autogovernata e democratica.
Vorrei
cogliere questa occasione per spiegare il concetto di Zona di ahimsa o
santuario di pace, che è l'elemento centrale del Piano in cinque punti.
Sono convinto che esso sia di grande importanza non solo per il Tibet ma per
la pace e la stabilità in Asia.
Il mio sogno è trasformare l'intero altopiano tibetano
in un libero rifugio in cui la specie umana e la natura possano vivere in
pace e in armonioso equilibrio. Un luogo in cui le persone, provenienti da
tutte le parti del mondo, potrebbero andare e cercare il vero significato
della pace dentro se stessi, lontano dalle tensioni e dalle pressioni
presenti nella maggior parte del resto del mondo. Il Tibet potrebbe
veramente diventare un centro creativo per la promozione e lo sviluppo della
pace.
Questi
sono gli elementi fondamentali della proposta Zona di ahimsa:
-
L'intero
altopiano tibetano sarebbe smilitarizzato.
-
La
produzione, sperimentazione e stoccaggio di armi nucleari e di altri
armamenti sull'altopiano tibetano sarebbero proibiti.
-
L'altopiano
tibetano sarebbe trasformato nel più grande parco naturale o biosfera
del mondo. Sarebbero promulgate leggi rigorose per proteggere la fauna
selvatica e la flora; lo sfruttamento delle risorse naturali sarebbe
accuratamente regolato in modo da non danneggiare importanti ecosistemi;
nelle aree popolate, sarebbe adottata una politica di sviluppo
sostenibile.
-
La
produzione e l'uso dell'energia nucleare, e di altre tecnologie che
producono rifiuti pericolosi sarebbero proibiti.
-
Le
risorse e la politica nazionale sarebbero dirette verso l'attiva
promozione della pace e della protezione dell'ambiente. Le
organizzazioni dedicate al mantenimento della pace e alla protezione di
tutte le forme di vita troverebbero in Tibet una patria ospitale.
-
Sarebbe
incoraggiata in Tibet l'istituzione di organizzazioni internazionali e
regionali per la promozione e la protezione dei diritti umani.
L'altitudine
e le dimensioni del Tibet (pari a quelle della Comunità europea), assieme
alla sua storia e alla sua eredità spirituale, lo rendono idealmente adatto
a svolgere il ruolo di santuario di pace nel cuore strategico dell'Asia.
Sarebbe
anche in armonia con il ruolo storico del Tibet come nazione buddista
pacifica e regione cuscinetto tra le grandi potenze asiatiche, spesso
rivali.
Consentitemi
di finire con una nota personale di ringraziamento a tutti voi e ai nostri
amici che non sono qui oggi. L'interesse e il sostegno che voi avete
espresso per la condizione dei tibetani ci hanno grandemente commosso e
continuano a darci coraggio per lottare per la libertà e la giustizia; non
mediante l'uso delle armi materiali ma con le potenti armi della verità e
della determinazione. So di parlare a nome di tutto il Tibet quando vi
ringrazio e vi chiedo di non dimenticare il Tibet in questo momento critico
nella storia del nostro paese. Anche noi speriamo di contribuire allo
sviluppo di un mondo più pacifico, più umano e più bello. Un futuro Tibet
libero cercherà di aiutare coloro che hanno bisogno in tutto il mondo, di
proteggere la natura e di promuovere la pace. Credo che la capacità
tibetana di combinare qualità spirituali con un atteggiamento realistico e
pratico ci permetta di dare uno speciale contributo, sia pure in modo
modesto. Questa è la mia speranza e la mia preghiera.
Per
concludere, permettetemi di condividere con voi una breve preghiera che mi
dona grande ispirazione e determinazione:
Finché
durerà lo spazio,
e finché rimarranno degli esseri umani,
fino ad allora possa rimanere anch'io a
scacciare la sofferenza del mondo.
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FATTI E CIFRE DELLA SITUAZIONE IN TIBET
Tratto da www.tibet.org
- Un milione e duecentomila tibetani (un quinto della popolazione)
sono morti come risultato dell'occupazione cinese.
- Migliaia di prigionieri religiosi e politici vengono detenuti in
prigioni e in campi di lavoro forzato, dove la tortura è pratica comune. Le
donne tibetane sono soggette a sterilizzazione forzata e a procurati aborti.
- Il Tibet, un tempo pacifico stato cuscinetto tra l'India e la
Cina, è stato utilizzato come deposito di scorie atomiche e trasformato in
una vasta base militare, che ospita non meno di 500.000 soldati cinesi, e un
quarto della forza missilistica nucleare cinese, valutata complessivamente
in 550 testate nucleari.
- Piu di seimila monasteri, templi ed edifici storici sono stati
razziati e rasi al suolo, e le loro antiche e insostituibili opere d'arte e
i tesori della letteratura sono stati distrutti o venduti dai cinesi,
durante le 'riforme democratiche' prima del 1966, e il rimanente durante la
Rivoluzione Culturale, secondo le autorità cinesi.
- La Cina in Tibet proibisce I'insegnamento e lo
studio del Buddhismo. L'odierna apparenza di libertà religiosa è stata
inaugurata unicamente per fini di propaganda e per il turismo. I monaci e le
monache continuano a essere espulsi dai monasteri. Chiunque esponga una foto
del Dalai Lama rischia il lager e persino la vita.
- Le risorse naturali del Tibet e la sua fragile ecologia stanno
per essere irrimediabilmente distrutte, come risultato dell'invasione
cinese. Gli animali selvatici sono stati praticamente sterminati, le foreste
abbattute e il terreno e stato impoverito (anche a causa di un uso intensivo
delle miniere) ed eroso.
- Sin dall'invasione il Tibet storico è stato diviso dalla Cina
Comunista. Le province tibetane dell'Amdo, e gran parte del Kham, sono state
incorporate nelle province cinesi di Qinghai, Gansu, Sichuan e Yunnan.
- Nel 1960 la Commissione di Giustizia Internazionale ha rilevato
in Tibet sia atti di genocidio sia l'aperta violazione di sedici articoli
della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
-
L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato tre Risoluzioni di
Condanna alla Cina, per 'violazioni dei fondamentali diritti umani del
popolo tibetano' e ha invitato la Cina a rispettare i diritti del popolo
tibetano, incluso il proprio diritto alla auto-determinazione.
- La xesima sessione della Sotto-Commissione delle Nazioni Unite ha
adottato la Risoluzione 1991/L, 19, denominata 'La situazione in Tibet', il
25 agosto
1991, a
Ginevra, dopo aver ricevuto ripetuti resoconti delle grossolane violazioni
dei diritti umani in Tibet. La Sotto-Commissione ha dichiarato la sua
"preoccupazione per le continue violazioni dei fondamentali diritti
umani e libertà che mettono in pericolo la particolare identità culturale,
religiosa e nazionale del popolo tibetano". Le autorità cinesi in
Tibet praticano la discriminazione e la segregazione ufficialmente e
apertamente.
- Le cure mediche non sono accessibili a tutti e le strutture
migliori sono riservate agli individui di nazionaliti cinese.
- In Tibet, l'istruzione per i bambini cinesi è nettamente
superiore a quella disponibile per i tibetani. Il 70% dei posti nelle
strutture educative superiori è riservato ai Cinesi.
- Il Tibet è controllato strettamente dal partito e dall'esercito
Comunista Cinese. Pechino nomina tutti i funzionari superiori del governo e
del partito, la maggior parte dei quali non parla tibetano.
- I tibetani, nonostante il rischio di
torture, di imprigionamento e di esecuzioni capitali, non hanno mai
accettato l'occupazione cinese del loro paese. Dal settembre
1987, in
tutto il Tibet si sono verificate piu di 100 dimostrazioni contro il dominio
cinese, che hanno avuto come risultato piu di 450 morti e la carcerazione di
migliaia di tibetani, eseguita senza un regolare processo.
Per
coloro che non si sottomettono all'ideologia e alle direttive del regime,
imprigionamenti arbitrari, torture fisiche e psichiche, condanne a morte. A
proposito della massima violazione dei diritti della persona da parte degli
Stati, ovvero la pena capitale, secondo il rapporto di Amnesty International,
la classifica vede al primo posto la Cina, con 1067 condannati a morte e
giustiziati solo nel 1998 (una media di quattro esecuzioni al giorno). Va
inoltre ricordato che la Cina detiene il discutibile primato di aver rapito
nel 1995 e fatto letteralmente sparire un bambino di soli cinque anni, Gedun
Choekyi Nyima, colpevole unicamente di essere stato riconosciuto dal Dalai
Lama come l'incarnazione dell'XI Panchen Lama, la seconda autorità
religiosa del Tibet. A distanza di quattro anni le autorità cinesi non
hanno ancora consentito ad alcuna organizzazione neutrale di vederlo,
neanche alla delegazione dell'Unione Europea che ha visitato il Tibet nel
1998, facendo di Gedun il più giovane prigioniero politico del mondo e di
cui oggi si teme la morte prematura.
Nel
tentativo di assimilare definitivamente il Tibet, la Cina porta avanti una
politica di trasferimento di coloni cinesi che ha reso i tibetani una
minoranza nel loro stesso territorio: sette milioni e mezzo di coloni cinesi
contro sei milioni di tibetani; a ciò si aggiunge la campagna di aborti
forzati e sterilizzazioni di massa delle donne tibetane.
La
"soluzione finale" di questa pulizia etnica per diluizione prevede
l'insediamento di quaranta milioni di coloni cinesi in Tibet entro il
2020. L
'articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra afferma che lo Stato occupante
non è autorizzato a deportare o trasferire parte della propria popolazione
civile nello Stato occupato. L'articolo 22 (Codice sui Crimini contro la
Pace e la Sicurezza dell'Umanità) sancisce che "il cambiamento della
composizione demografica del territorio occupato è un crimine di guerra di
eccezionale gravità". La Cina ha accettato in pieno tutti i punti
citati il 14 settembre 1983. La Cina è uno dei cinque paesi con diritto di
veto nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
La
repressione, la dittatura, il genocidio fisico e culturale continuano e anzi
peggiorano, nell'indifferenza delle grandi potenze e delle Nazioni Unite. Il
rispetto dei diritti umani è uno dei valori fondamentali di ogni democrazia
ma i governi delle grandi potenze, per timore di perdere il grande business
favorito dal mercato di un miliardo di consumatori cinesi, si astengono dal
criticare la condotta dei dirigenti della Repubblica Popolare, che non
riguarda solo i tibetani ma anche le decine di migliaia di dissidenti cinesi
imprigionati e uccisi.
In nome di questa "real politik" le ambasciate cinesi si
permettono di diffidare le nazioni che accolgono il messaggio di speranza e
di pace del Dalai Lama, che per il suo costante impegno per la pace mondiale
e per la salvezza dei tibetani ha ricevuto il premio Nobel.
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