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I ciclisti del Dharma 

Il discorso del Dalai Lama

Tibet terra di pace, terra di guerra

L'Ashram di Bhole Baba

Chi è Geshe Gedun Tarschin

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Il caldo autunno 2004 ha manifestato magiche sorprese. Un'insolita pedalata sul canale dell'Acquedotto Pugliese ha condotto i cicloamici all'Ashram Bhole Baba. Un seminario su Dharma Spiritualità e Meditazione, tenuto dal Lama tibetano Geshe Gedung Tarchin ci offre l'occasione di parlare delle tristi vicende del Tibet. 

 

Domenica mistica tra i trulli di Cisternino  

a cura di Tonia De Guido

Domenica 17 ottobre: pedalata breve ma ricca di piccole sorprese.

Partenza con un bellissimo sole e, come al solito, con circa mezz’ora di ritardo, ma chi ci conosce lo sa, senza le nostre perdite di tempo non saremmo dei cicloamici veraci. 

 Taccuino

Raduno e partenza: Agriturismo Montedoro SP 581 Ceglie - Martina Franca ore 8:45. E' facile ritrovarsi: da Ceglie bisogna percorrere 8Km verso Martina, l'agriturismo è sulla sinistra indicato da una insegna di legno. Per chi viene da Martina, 8Km e l'agriturismo si trova sulla destra.

Percorso si imbocca il Canale dell'Acquedotto all'altezza di 300m a Sud della Masseria Montedoro, preseguendo verso Nord. Dopo 7Km di un percorso fiabesco tra boschi di quercia e macchia, trulli e ulivi si arriva Centro Bhole Baba. A Sud il percorso conduce fino a Villa Castelli, ma questa è un'altra storia.

Foto: i caratteristici cancelli di ingresso della strada del canale dell'acquedotto sono il segnale che guidano il cicloturista sulla giusta via.

Pranzo Presso il Centro Bhole Baba, previa prenotazione e con un contributo di 5 euro è possibile essere ospitati a pranzo. Pranzo ovviamente vegetariano

La prima sorpresa è stata la sparuta rappresentanza dei mesagnesi “fondatori” (era addirittura assente il ciclotesoriere che, per giuste cause di forza maggiore, ci ha raggiunto in macchina con la famiglia) e la presenza invece di cicloamici nuovi anche di origine extra-provinciale: è il gruppo che si espande grazie al fascino calamitante del nostro coordinatore regionale nonché ciclovice-presidente, o è stata la meta della nostra pedalata la fonte di attrazione?

 

Abbiamo pedalato per un tratto molto bello dell’acquedotto pugliese che si snoda tra i trulli della Valle d’Itria, in una piacevole confusione di profumi di timo, menta e finocchio selvatico e di colori delle moltissime specie tipiche della macchia mediterranea, anche di specie altrove ormai rare.  

Foto: In alcuni tratti del percorso dell’acquedotto è possibile trovare anche delle piccole e bellissime orchidee selvatiche. Se vi dovesse capitare di vederne per favore non tiratele via, ammiratele dove sono e hanno resistito perché nessuno le ha calpestate.

 

Dopo appena 7- 8 km tra i coni dei trulli in mezzo alla campagna siamo stati catturati dalla cupola arancione del piccolo tempio dell’Ashram Bhole Baba. Ci siamo ritrovati in un brulichio di persone in festa attratte dalla bella domenica di ottobre, dal fascino dell’Ashram e dal Lama tibetano Geshe Gedung Tarchin ospite per alcuni giorni del centro Bhole Baba.

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  Cos'è l'Ashram Bhole Baba

A Cisternino, in provincia di Brindisi, tra ulivi, mandorli e trulli, è sorto nel 1979, il Centro Bhole Baba. L'Ashram è un Centro Spirituale  in esso si possono trovare simboli di diverse religioni. Alle immagini di San Francesco, della Madonna, dei SS Medici si alternano le immagini del Dio Ganesh addobbato con fiori e ghirlande, di Babaji (lo yogi a cui si ispirano i responsabili di Bhole Baba) e le grandi scritte dei Mantra sui muri

Nell'Ashram della valle d'Itria,si respira anche aria di India: odori, colori, riti e simboli sono esattamente quelli che si colgono nelle strade di Benares. Dal 1990 c'è, nell'Ashram, un dhuni perenne, il Dhyana Yogi Dhuni, dove arde un Fuoco Sacro tenuto sempre acceso dai discepoli del Maestro Indiano Babaji. E' una costruzione circolare per la meditazione, dove all'alba e al tramonto viene eseguita la puja (cerimonia) , l'offerta al fuoco e la ripetizione dei mantra.

Per maggiori informazioni, per seguire i corsi e per soggiornare nell'Ashram, scrivere a : Fondazione Bhole Baba - C.da Portarino, 10 - cas. Post. 138 - 72014 Cisternino (Br) oppure telefonare a 0804448735

Pervasi un po’ tutti da curiosità e con il nostro ciclovice, nonché coordinatore, nonché cicloguru, oramai in brodo di giuggiole per l’atmosfera a lui affine e soprattutto per la presenza del Lama, abbiamo assistito al seminario su Dharma Spiritualità e Meditazione, tenuto per l’appunto dal Lama tibetano Geshe Gedung Tarchi. 

Foto: un momento del seminario del Geshe Tarchin. Chi si aspettava di ricevere da lui tutte le verità di questo mondo è rimasto deluso. Il suo insegnamento è stato: ciascuno deve cercare dentro di se, sperimentando e impegnandosi con uno sforzo costante verso un agire virtuoso. Il maestro può indicare la via, ma tocca a noi intraprenderla e arrivare alla meta .. con intelligenza e gioia.

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Il Lama Geshe ci ha parlato di cause ed effetti di azioni non virtuose e azioni virtuose, delle capacità di aspettare – capacità di digiunare – capacità di pensare (principi che a mio parere potremmo considerare molto simili alle quattro virtù cardinali: pazienza, sapienza, temperanza, tolleranza).   

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Foto: la bellissima ciclosegretaria e il cicloamico Riccardo seguono con attenzione il seminario del Geshe Tarchin. I due validissimi motivi per cui il tesoriere ci ha raggiunti in macchina.

 

A conclusione del seminario, dopo un flebile dibattito sofistico e scontato, il nostro “razionale” Baldassarre è riuscito ad accendere una discussone molto interessante su come si possa conciliare la vita quotidiana accelerata e frenetica con la necessità di meditazione e spiritualità che è fonte delle azioni virtuose. L’interrogativo di Baldassarre diventa ancora più critico quando lo si trasferisce su larga scala: in situazioni drammatiche, come quella esistente ad esempio in Tibet, fino a che punto possono spingersi la capacità di aspettare, digiunare, pensare?

Foto: i cicloamici posano accanto al Geshe Tarchin.

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Per la gioia del ciclovice, nonché coordinatore, nonché cicloecologista-vegetariano, abbiamo pranzato alla vegetariana maniera: pasta condita con un derivato della soja, surrogato della carne; un secondo a base di seitan (derivato del frumento), surrogato della carne; dolce a base di riso e latte. 

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Foto: Dopo pranzo tutti a lavare i piatti e olio di gomito per lavare i pentoloni.

 

Una domanda da onnivora: considerato che nessun derivato vegetale può sostituire completamente la carne dal punto di vista nutrizionale, mi chiedo ma i vegetariani che necessità avranno mai di utilizzare degli “elaborati” che simulino la carne, forse che il loro istinto carnivoro non è stato eliminato ma è solo represso in un pericoloso stato latente?

 

Dopo pranzo siamo ripartiti verso le nostre macchine, ci ha inseguito un nuvolone che per fortuna, o forse per l’energia mistica e positiva che sprigionavamo, ha scatenato l’acquazzone solo dopo che bici e persone erano già in macchina.  

 

Foto: il cicloguru saluta Geshe Gedun Tarchin. Momento di gioia ed esaltazione in cui risulta difficile al ciclocaporedattore, tenere nascoste le simpatie verso gli insegnamenti di Siddharta.

 

Vi lascio con l’invito fattoci dal Lama Geshe: affrontate la vita con Mind and Joy = pensiero e gioia fuse insieme.

   

TIBET: Terra di Pace, Terra di Guerra

 

Immaginate una terra circondata dall’imponente catena Himalayana; una “Terra delle Nevi” con paesaggi spettacolari in cui la gente vive in perfetta armonia con l’ambiente circostante e dove anche l’architettura è un tutt’uno con il paesaggio roccioso. Immaginate la vita di questa civiltà intrecciata con il mondo spirituale dei monaci buddisti, insomma un filo continuo tra terra e cielo: il paradiso.

 

Immaginate l’esercito della Repubblica Popolare Cinese che invade la “Terra delle Nevi” la occupa provocando morte e distruzione: l’inferno.

 

L’inferno del Tibet inizia nel 1950 con l’invasione da parte della Repubblica Popolare Cinese. Per otto anni il Dalai Lama, capo di stato e guida spirituale del Tibet, ha tentato la via della convivenza pacifica con i cinesi. La resistenza tibetana, portata avanti secondo i principi della non-volenza, ha cercato di arginare la conquista del territorio da parte della Cina fino a giungere ad un’insurrezione nazionale contro i cinesi il 10 marzo del 1959, data rimasta nella storia del Tibet perché l'esercito “di Liberazione” Cinese ha schiacciato l'insurrezione uccidendo più di 87.000 tibetani, nel solo Tibet centrale.

 

Il Governo tibetano è stato riorganizzato in esilio, con sede a Dharamsala, nell'India settentrionale, e il popolo tibetano, sia all'interno che all'esterno del Tibet, considera il proprio Governo in Esilio come l'unico governo legittimo del Tibet. Inoltre, l'Amministrazione Centrale Tibetana (CTA), è riuscita a costituire in esilio (principalmente in India, in Nepal e in Bhutan) scuole, monasteri e varie istituzioni tibetane e ad integrare i rifugiati in centri agricoli e artigianali.

 

La repressione della popolazione tibetana da parte della Cina è ancora spietata. Il Dalai Lama, uomo di pace, sta tentando di riaprire un dialogo con la Cina che rimane assolutamente sorda così come lo sono l’ONU e le nazioni occidentali che, per ragioni economiche, si guardano bene dal criticare la Repubblica Popolare Cinese. Probabilmente anche le ragioni di sicurezza hanno la loro importanza, la Cina certo è ben fornita di armi di distruzione di massa.

 

 

Chi è Geshe Gedung Tarchin

Geshe Gedung Tarchin è nato in Nepal da genitori tibetani, nel 1963 (2 anni + vecchio del cicloguru). Monaco di tradizione Gelugpa, dopo 18 anni di studio, ha conseguito il titolo di Geshe Lharampa nel Monastero di Ganden in India. Arrivato in Italia nel 1995 su invito del Dalai Lama, attualmente è la guida spirituale dell'istituto Lama Rim di Roma.

Ulteriori informazioni sul Lama e sull'Istituto Buddhista nel bel sito http://www.geduntharchin.it 

"Sveglia la tua volontà, possente e suprema

pratica l'amore, dai gioia e protezione

che la tua generosità sia come lo spazio, senza confini né discriminazioni. 

Fa buone cose, non solo per te ma per tutti gli esseri dell'universo

salva e libera coloro che incontri

aiutali a conseguire la saggezza della via"

PRAJNAPARAMITA 

 
  Aiutiamo i rifugiati tibetani
Da alcuni anni Gedun Tharchin, affiancato da alcuni volontari di Roma, è vicino ai rifugiati tibetani profughi in India e Nepal: vecchi, bambini monaci  molti di questi anziani tramite un'iniziativa di sostegno a distanza. Documentiamoci e decidiamo di sostenere questa iniziativa!  L'iniziativa si svolge con il patrocinio dell’ Istituto LamRim
Associazione non commerciale senza fini di lucro
Via della Balduina, 73 - int. 24 — Roma

Discorso per il premio Nobel per la pace

di Tenzin Gyatso, Sua Santità il XIV Dalai Lama del Tibet

(www.tibet.com, Tibetan Government in Exile's Official Web Site)

Di seguito alcuni stralci del discorso pronunciato del Dalai Lama per il Premio Nobel per la Pace. E’ un discorso da cui traspira lo spirito buddista: pacifista, non violento, in perfetta armonia con l’ambiente e con tutti gli esseri viventi.

Oslo, 10 dicembre 1989  

La pace, nel senso di assenza di guerra, è di scarso valore per chi sta morendo di fame o di freddo. Non eliminerà il dolore della tortura inflitta a una persona messa in prigione per le sue idee. Non conforta coloro che hanno perduto i loro cari in alluvioni causate dall'insensato disboscamento in un paese vicino. La pace può durare solo dove sono rispettati i diritti umani, dove la gente è ben nutrita, e dove gli individui e le nazioni sono liberi. La vera pace con noi stessi e con il mondo intorno a noi può essere raggiunta solo attraverso lo sviluppo della pace mentale. Gli altri fenomeni sopra citati sono interrelati in modo analogo. Così, per esempio, vediamo che un ambiente pulito, la ricchezza o la democrazia significano poco di fronte alla guerra, specialmente di tipo nucleare, e che lo sviluppo materiale non è sufficiente ad assicurare la felicità umana.

Il progresso materiale è ovviamente importante per l'avanzamento umano. In Tibet, abbiamo prestato troppa poca attenzione allo sviluppo tecnologico ed economico, e oggi ci rendiamo conto che questo è stato un errore. Allo stesso tempo, lo sviluppo materiale senza sviluppo spirituale può anch'esso causare gravi problemi.

In alcuni paesi, si presta troppa attenzione alle cose esterne e si dà pochissima importanza allo sviluppo interiore. Io credo che entrambi siano importanti e debbano essere sviluppati fianco a fianco in modo da ottenere un buon equilibrio tra di essi. I tibetani sono sempre descritti dai visitatori stranieri come gente felice e gioviale. Questo fa parte del nostro carattere nazionale, formato da valori culturali e religiosi che pongono l'accento sull'importanza della pace mentale ottenuta grazie a un sentimento di amore e benevolenza per tutti gli esseri senzienti, sia umani che animali.

La pace interiore è la chiave di tutto: se avete la pace interiore, i problemi esterni non influenzano il vostro profondo senso di pace e tranquillità. In queste condizioni di spirito, si possono trattare le situazioni con calma e ragione, mantenendo la felicità interiore. Questo è molto importante; senza la pace interiore, per quanto confortevole sia materialmente la nostra vita, restiamo spesso preoccupati, turbati o infelici a causa delle circostanze.

Chiaramente, è di grande importanza comprendere le interrelazioni tra questi e altri fenomeni dobbiamo perciò affrontare e cercare di risolvere i problemi in un modo equilibrato che tenga conto di questi differenti aspetti. Questo, ovviamente, non è facile, ma è di poca utilità tentare di risolvere, un problema se così facendo se ne crea un altro altrettanto grave.
In realtà, quindi, non abbiamo nessuna alternativa: dobbiamo sviluppare un senso di responsabilità universale non solo nel senso geografico ma anche per quanto riguarda i diversi problemi presenti nel nostro pianeta. La responsabilità non è solo dei leader dei nostri paesi o di coloro che sono stati nominati o eletti a fare un particolare lavoro, è anche di ciascuno di noi, individualmente. La pace, per esempio, inizia dentro ciascuno di noi. Se possediamo la pace interiore, possiamo relazionare perfetti rapporti di pace con tutti coloro che ci circondano.

Quando la nostra comunità è in uno stato di pace, può condividere questa preziosa qualità con le comunità vicine, e così via. Se proviamo amore e benevolenza per gli altri, questo non solo fa sentire gli altri amati e oggetto di benevola attenzione, ma ci aiuta anche a sviluppare felicità e pace interiori. Ci sono sempre dei modi in cui possiamo lavorare coscientemente a sviluppare sentimenti d'amore e di benevolenza. Per alcuni di noi, il modo più efficace di farlo è attraverso la pratica religiosa. Per altri, può esserlo attraverso pratiche non religiose. Ciò che è importante è che ciascuno di noi faccia un sincero sforzo di assumere sul serio la propria responsabilità per ciascun altro e per l'ambiente naturale.

Anche l'assegnazione qui in Norvegia del premio Nobel a me, un semplice monaco originario del lontano Tibet, riempie di speranza i tibetani. Essa significa che, nonostante non abbiamo attirato l'attenzione sulla nostra situazione per mezzo della violenza, non siamo stati dimenticati. Significa anche che i valori che abbiamo cari, in particolare il nostro rispetto per tutte le forme di vita e la fede nel potere della verità, sono oggi riconosciuti e incoraggiati. È anche un tributo al mio maestro spirituale, il Mahatma Gandhi, il cui esempio è una fonte d'ispirazione per tanti di noi. Il premio di quest'anno è un'indicazione che questo senso di responsabilità universale sta crescendo. Sono profondamente commosso dal sincero interesse mostrato da così tante persone in questa parte del mondo per le sofferenze del popolo del Tibet. Questa è una fonte di speranza non solo per noi tibetani ma anche per tutti i popoli oppressi.

È sulla base di questa situazione che peggiora ogni giorno, e per impedire un ulteriore spargimento di sangue, che ho proposto quello che viene generalmente chiamato "Piano di pace in cinque punti" per il ristabilire la pace e i diritti umani in Tibet. Ho elaborato questo piano in un discorso a Strasburgo l'anno scorso. Credo che il piano rappresenti una cornice ragionevole e realistica per negoziati con la Repubblica popolare di Cina. Finora, però, i leader cinesi non sono stati disposti a rispondere in modo costruttivo. La brutale repressione del movimento democratico cinese nel giugno di quest'anno ha tuttavia rafforzato la mia opinione che qualsiasi sistemazione della questione tibetana avrà senso solo se sostenuta da adeguate garanzie internazionali.

Il Piano di pace in cinque punti affronta i principali problemi interconnessi, gli stessi problemi a cui mi riferivo nella prima parte di questo discorso.

Esso chiede:

  1. la trasformazione dell'intero Tibet, comprese le province orientali del Kham e dell'Amdo, in una Zona di ahimsa (non violenza);

  2. l'abbandono della politica di trasferimento della popolazione cinese;

  3. il rispetto dei diritti umani fondamentali e delle libertà democratiche del popolo tibetano;

  4. il ripristino e la protezione dell'ambiente naturale del Tibet; e

  5. l'inizio di seri negoziati sullo status futuro del Tibet e delle relazioni tra i popoli tibetano e cinese.  

Nel discorso di Strasburgo, ho proposto che il Tibet diventi un'entità politica autogovernata e democratica.

Vorrei cogliere questa occasione per spiegare il concetto di Zona di ahimsa o santuario di pace, che è l'elemento centrale del Piano in cinque punti. Sono convinto che esso sia di grande importanza non solo per il Tibet ma per la pace e la stabilità in Asia.

Il mio sogno è trasformare l'intero altopiano tibetano in un libero rifugio in cui la specie umana e la natura possano vivere in pace e in armonioso equilibrio. Un luogo in cui le persone, provenienti da tutte le parti del mondo, potrebbero andare e cercare il vero significato della pace dentro se stessi, lontano dalle tensioni e dalle pressioni presenti nella maggior parte del resto del mondo. Il Tibet potrebbe veramente diventare un centro creativo per la promozione e lo sviluppo della pace.

Questi sono gli elementi fondamentali della proposta Zona di ahimsa:

  1. L'intero altopiano tibetano sarebbe smilitarizzato.

  2. La produzione, sperimentazione e stoccaggio di armi nucleari e di altri armamenti sull'altopiano tibetano sarebbero proibiti.

  3. L'altopiano tibetano sarebbe trasformato nel più grande parco naturale o biosfera del mondo. Sarebbero promulgate leggi rigorose per proteggere la fauna selvatica e la flora; lo sfruttamento delle risorse naturali sarebbe accuratamente regolato in modo da non danneggiare importanti ecosistemi; nelle aree popolate, sarebbe adottata una politica di sviluppo sostenibile.

  4. La produzione e l'uso dell'energia nucleare, e di altre tecnologie che producono rifiuti pericolosi sarebbero proibiti.

  5. Le risorse e la politica nazionale sarebbero dirette verso l'attiva promozione della pace e della protezione dell'ambiente. Le organizzazioni dedicate al mantenimento della pace e alla protezione di tutte le forme di vita troverebbero in Tibet una patria ospitale.

  6. Sarebbe incoraggiata in Tibet l'istituzione di organizzazioni internazionali e regionali per la promozione e la protezione dei diritti umani.

L'altitudine e le dimensioni del Tibet (pari a quelle della Comunità europea), assieme alla sua storia e alla sua eredità spirituale, lo rendono idealmente adatto a svolgere il ruolo di santuario di pace nel cuore strategico dell'Asia.

Sarebbe anche in armonia con il ruolo storico del Tibet come nazione buddista pacifica e regione cuscinetto tra le grandi potenze asiatiche, spesso rivali.

  Consentitemi di finire con una nota personale di ringraziamento a tutti voi e ai nostri amici che non sono qui oggi. L'interesse e il sostegno che voi avete espresso per la condizione dei tibetani ci hanno grandemente commosso e continuano a darci coraggio per lottare per la libertà e la giustizia; non mediante l'uso delle armi materiali ma con le potenti armi della verità e della determinazione. So di parlare a nome di tutto il Tibet quando vi ringrazio e vi chiedo di non dimenticare il Tibet in questo momento critico nella storia del nostro paese. Anche noi speriamo di contribuire allo sviluppo di un mondo più pacifico, più umano e più bello. Un futuro Tibet libero cercherà di aiutare coloro che hanno bisogno in tutto il mondo, di proteggere la natura e di promuovere la pace. Credo che la capacità tibetana di combinare qualità spirituali con un atteggiamento realistico e pratico ci permetta di dare uno speciale contributo, sia pure in modo modesto. Questa è la mia speranza e la mia preghiera.

Per concludere, permettetemi di condividere con voi una breve preghiera che mi dona grande ispirazione e determinazione:

Finché durerà lo spazio,
e finché rimarranno degli esseri umani,
fino ad allora possa rimanere anch'io a
scacciare la sofferenza del mondo.

 

 

FATTI E CIFRE DELLA SITUAZIONE IN TIBET Tratto da  www.tibet.org

- Un milione e duecentomila tibetani (un quinto della popolazione) sono morti come risultato dell'occupazione cinese.

- Migliaia di prigionieri religiosi e politici vengono detenuti in prigioni e in campi di lavoro forzato, dove la tortura è pratica comune. Le donne tibetane sono soggette a sterilizzazione forzata e a procurati aborti.

- Il Tibet, un tempo pacifico stato cuscinetto tra l'India e la Cina, è stato utilizzato come deposito di scorie atomiche e trasformato in una vasta base militare, che ospita non meno di 500.000 soldati cinesi, e un quarto della forza missilistica nucleare cinese, valutata complessivamente in 550 testate nucleari.

- Piu di seimila monasteri, templi ed edifici storici sono stati razziati e rasi al suolo, e le loro antiche e insostituibili opere d'arte e i tesori della letteratura sono stati distrutti o venduti dai cinesi, durante le 'riforme democratiche' prima del 1966, e il rimanente durante la Rivoluzione Culturale, secondo le autorità cinesi.

- La Cina in Tibet proibisce I'insegnamento e lo studio del Buddhismo. L'odierna apparenza di libertà religiosa è stata inaugurata unicamente per fini di propaganda e per il turismo. I monaci e le monache continuano a essere espulsi dai monasteri. Chiunque esponga una foto del Dalai Lama rischia il lager e persino la vita.

- Le risorse naturali del Tibet e la sua fragile ecologia stanno per essere irrimediabilmente distrutte, come risultato dell'invasione cinese. Gli animali selvatici sono stati praticamente sterminati, le foreste abbattute e il terreno e stato impoverito (anche a causa di un uso intensivo delle miniere) ed eroso.

- Sin dall'invasione il Tibet storico è stato diviso dalla Cina Comunista. Le province tibetane dell'Amdo, e gran parte del Kham, sono state incorporate nelle province cinesi di Qinghai, Gansu, Sichuan e Yunnan.

- Nel 1960 la Commissione di Giustizia Internazionale ha rilevato in Tibet sia atti di genocidio sia l'aperta violazione di sedici articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.

- L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato tre Risoluzioni di Condanna alla Cina, per 'violazioni dei fondamentali diritti umani del popolo tibetano' e ha invitato la Cina a rispettare i diritti del popolo tibetano, incluso il proprio diritto alla auto-determinazione.

- La xesima sessione della Sotto-Commissione delle Nazioni Unite ha adottato la Risoluzione 1991/L, 19, denominata 'La situazione in Tibet', il 25 agosto 1991, a Ginevra, dopo aver ricevuto ripetuti resoconti delle grossolane violazioni dei diritti umani in Tibet. La Sotto-Commissione ha dichiarato la sua "preoccupazione per le continue violazioni dei fondamentali diritti umani e libertà che mettono in pericolo la particolare identità culturale, religiosa e nazionale del popolo tibetano". Le autorità cinesi in Tibet praticano la discriminazione e la segregazione ufficialmente e apertamente.

- Le cure mediche non sono accessibili a tutti e le strutture migliori sono riservate agli individui di nazionaliti cinese.

- In Tibet, l'istruzione per i bambini cinesi è nettamente superiore a quella disponibile per i tibetani. Il 70% dei posti nelle strutture educative superiori è riservato ai Cinesi.

- Il Tibet è controllato strettamente dal partito e dall'esercito Comunista Cinese. Pechino nomina tutti i funzionari superiori del governo e del partito, la maggior parte dei quali non parla tibetano.

- I tibetani, nonostante il rischio di torture, di imprigionamento e di esecuzioni capitali, non hanno mai accettato l'occupazione cinese del loro paese. Dal settembre 1987, in tutto il Tibet si sono verificate piu di 100 dimostrazioni contro il dominio cinese, che hanno avuto come risultato piu di 450 morti e la carcerazione di migliaia di tibetani, eseguita senza un regolare processo.

Per coloro che non si sottomettono all'ideologia e alle direttive del regime, imprigionamenti arbitrari, torture fisiche e psichiche, condanne a morte. A proposito della massima violazione dei diritti della persona da parte degli Stati, ovvero la pena capitale, secondo il rapporto di Amnesty International, la classifica vede al primo posto la Cina, con 1067 condannati a morte e giustiziati solo nel 1998 (una media di quattro esecuzioni al giorno). Va inoltre ricordato che la Cina detiene il discutibile primato di aver rapito nel 1995 e fatto letteralmente sparire un bambino di soli cinque anni, Gedun Choekyi Nyima, colpevole unicamente di essere stato riconosciuto dal Dalai Lama come l'incarnazione dell'XI Panchen Lama, la seconda autorità religiosa del Tibet. A distanza di quattro anni le autorità cinesi non hanno ancora consentito ad alcuna organizzazione neutrale di vederlo, neanche alla delegazione dell'Unione Europea che ha visitato il Tibet nel 1998, facendo di Gedun il più giovane prigioniero politico del mondo e di cui oggi si teme la morte prematura.

Nel tentativo di assimilare definitivamente il Tibet, la Cina porta avanti una politica di trasferimento di coloni cinesi che ha reso i tibetani una minoranza nel loro stesso territorio: sette milioni e mezzo di coloni cinesi contro sei milioni di tibetani; a ciò si aggiunge la campagna di aborti forzati e sterilizzazioni di massa delle donne tibetane.

La "soluzione finale" di questa pulizia etnica per diluizione prevede l'insediamento di quaranta milioni di coloni cinesi in Tibet entro il 2020. L 'articolo 49 della IV Convenzione di Ginevra afferma che lo Stato occupante non è autorizzato a deportare o trasferire parte della propria popolazione civile nello Stato occupato. L'articolo 22 (Codice sui Crimini contro la Pace e la Sicurezza dell'Umanità) sancisce che "il cambiamento della composizione demografica del territorio occupato è un crimine di guerra di eccezionale gravità". La Cina ha accettato in pieno tutti i punti citati il 14 settembre 1983. La Cina è uno dei cinque paesi con diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

La repressione, la dittatura, il genocidio fisico e culturale continuano e anzi peggiorano, nell'indifferenza delle grandi potenze e delle Nazioni Unite. Il rispetto dei diritti umani è uno dei valori fondamentali di ogni democrazia ma i governi delle grandi potenze, per timore di perdere il grande business favorito dal mercato di un miliardo di consumatori cinesi, si astengono dal criticare la condotta dei dirigenti della Repubblica Popolare, che non riguarda solo i tibetani ma anche le decine di migliaia di dissidenti cinesi imprigionati e uccisi.

In nome di questa "real politik" le ambasciate cinesi si permettono di diffidare le nazioni che accolgono il messaggio di speranza e di pace del Dalai Lama, che per il suo costante impegno per la pace mondiale e per la salvezza dei tibetani ha ricevuto il premio Nobel.