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Cicloavventura a Corfù |
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a cura di Angela La fantomatica gita a Corfù, inizialmente accolta da tutti con grande entusiasmo ma poi da molti abilmente dribblata, è diventata realtà grazie alla caparbia determinazione di Lucrezia che….”bomba o non bomba” ci ha portati a Corfù… malgrado tutto. L’appuntamento
per i partecipanti è fissato per le Io, Mauro e Antonio decidiamo di raggiungere il luogo dell’appuntamento in bici, un breve salto a comprare due lacci per assicurare i bagagli alla bici e via verso Brindisi attraverso strade di campagna inondate dalla luce tersa del tramonto. La
frizzante eccitazione infantile che si prova all’inizio di ogni viaggio
ci ha regalato la sensazione di viaggiare su una giostra sospinti dal
vento e salutati dal cicaleccio delle cicale. Arrivati
al punto prestabilito incontriamo Adriano con la sua bici 23 enne
ringiovanita da sacche da viaggio nuove di zecca. Mino e Lucrezia erano già
lì da tempo, mentre dopo essere finalmente riusciti a parcheggiare la
macchina si uniscono al gruppo Daniela, Enrico e Giampiero. Quest’ultimo
dimostra di aver preso in “Grande” considerazione il viaggio: portava
a spalla uno zaino da tracking enorme. Adriano, invece, nota
l’essenzialità del mio bagaglio costituito solo da uno zainetto,
commento citano la presunta etimologia del termine secondo
una mia compagna di liceo: “Essere senza”, confesso, infatti
che, pur di risparmiarmi qualche kilo di bagaglio, ho lasciato a casa
molte cose potenzialmente utili. L’insegna
dell’agenzia sovrasta quella di un ristorante che riporta il nome
dell’organizzatrice “Lucrezia”, ci auguriamo che la vanità
femminile non abbia influenzato le sue scelte.
Ognuno
paga il dovuto per il traghetto secondo l’opzione scelta, Lucrezia
ritira i biglietti di tutti e provvede ad assicurarli al bagaglio di
Mino….saranno veramente sicuri? Sono
già le 19,30 quando ci avviamo verso Costa Morena per l’imbraco, come
volevasi dimostrare Mino perde il bagaglio, ma prima che si verifichi il
peggio, Lucrezia, con un gesto repentino gli sfila i biglietti. Mentre
pedaliamo verso il porto ci lasciamo commiserare sarcasticamente da chi ci
vede passare e teniamo egoisticamente per noi la soddisfazione di poter
andare lontano con “pochi mezzi”. Al
porto ci aspetta Baldassarre armato di mountain-bike superaccessoriata,
per l’occasione pare che non voglia farsi mancare proprio nulla, si è
preso pure le pinne per concedersi lo sfizio di andare a pescare i
ricci… tanto i greci non li mangiano. L’alzata
del ponte del traghetto ci separa dai luoghi a noi famigliari dove si
svolge la routine della nostra vita e ci catapulta nella magica dimensione
del viaggio. Dopo esserci sistemati nelle cabine ci riuniamo sul ponte per brindare, il rumore assordante ci impedisce di comunicare, quindi ci ritiriamo all’interno. Si comincia a concordare l’itinerario, Lucrezia propone di andare a Palaiokastriza, Mauro ricorda di esserci stato in moto e tenta di dissuadere Lucrezia dall’impresa enfatizzando a gesti la ripidità delle salite, sembra, comunque, che il luogo meriti qualche sacrificio. Qualcuno a sentir parlare di salite si mette in allerta e sottolinea che è venuto per riposarsi non certo per sfidare le montagne. Riusciamo a ricompattare il gruppo e a fargli giurare fedeltà assoluta alla bicicletta, nemmeno la proposta di lasciare i bagagli a casa viene presa in considerazione. La
mattina successiva, dopo lo sbarco, l’armata brancaleone è pronta ad
affrontare le montagne alla volta di Mirtiottissa con bici senza cambio,
Prima
di avviarci ritiriamo le chiavi della casa e le coordinate per arrivarci
dall’agenzia e collaudiamo i telefonini…… manco a dirlo tutti senza
rete. Ci immergiamo nella città di Corfù alla ricerca di un bar dove
fare colazione, lasciamo le bici in una piazzetta e ci sediamo ai tavolini
di un bar. Ordiniamo dei caffé freddi con molta schiuma che lì chiamano
frappé e dei dolci, notiamo il gusto molto zuccherino dei dolci greci ma
di contro paghiamo un conto molto salato: 5€ per un caffé e un dolce
tipo crostata! Lasciamola
città e ci addentriamo per imbroccare la strada che dalla costa ovest
dell’isola ci porterà sulla costa est, avevamo da percorrere solo 30Km,
l’unico neo è che erano tutti in salita!! Arrivati ai piedi delle montagne prima di affrontare la salita ci fermiamo ad un supermercato per rifornirci d’acqua, Mauro chiede invano che gli venga rilasciato uno scontrino. Corfù abbonda di luoghi di ristoro e servizio per i turisti, in qualsiasi posto ci si trivi è facilissimo trovare cibo, camere da affittare, bar, ecc. queste eccessive comodità ci hanno tolto il gusto dell’avventura estrema ma per questa volta ci è sembrato giusto approfittare di tanto confort.
Le salite fanno sfilacciare il gruppo e chi è in testa è costretto a lunghe soste forzate, tanto che il ciclocaporedattore pensa che sia il caso di riscrivere al contrario il famoso detto “da la cap afftesc lu pesc”, poi si scoprirà che mentre l’avanguardia se ne stava accampata sotto un albero d’olivo a godersi il fresco, la retroguardia affrontava l’attacco improvviso sferrato da un nemico temibile quanto imprevisto:L’allergia!!! A far attardare il gruppo contribuisce la libera iniziativa del temerario Adriano che decide di andare a “buttarsi a mare da solo”. I premurosi cicloamici si mettono sulle sue tracce e lo scovano mimetizzato su una spiaggia per nudisti a Mirtiottissa. Il nome della spiaggia forse deriva da “mirto” vista la straordinaria abbondanza di questa essenza che si riscontrava sulla scogliera a strapiombo sul mare. Abbarbicati sulle rocce facevano bella mostra di se anche capperi, pini da frutto e fichi.
Il fico sembrava gradire particolarmente il clima dell’isola visto che lo si trovava nelle situazioni più improbabili, a Mirtiottisa ce n’era uno su uno scoglio a pochi metri dalla battigia, spesso di vedevano piantine di fico crescere nei tronchi degli ulivi.
Verso
le 4 del pomeriggio ci decidiamo a lasciare la spiaggia per raggiungere le
case a Dassia che avevamo prenotato per la notte. Una barista che parlava
un perfetto italiano, ci suggerisce una strada molto corta e tranquilla
che ci permette di arrivare a Dassia senza cadere sopraffatti
dall’allergia e alla stanchezza, ma prima di incamminarci su quella via
dobbiamo risalire per più di
Foto: spiaggia di Mirtiotissa Ci
rendiamo conto di essere vicini a Dassia dal numero sempre crescente di
servizi turistici che incontriamo. Dassia è uno dei posti in cui si
coglieva meglio lo svilimento della cultura autoctona al fine di ammaliare
il turista: un esempio per tutti: subito dopo un ristorante tipico che
esibiva la sua bella insegna in caratteri greci “Magna Grecia”
ce n’era un altro “Magna Italia”. Il messaggio è chiaro:
“magna come ti pare purché ci lasci una manciata dei tuoi euro”. Dopo
una bella doccia a “magnare” ci siamo andati anche noi, rigorosamente
tutti in bici, anche se il ristorante era a soli |
Il giorno successivo l’armata brancaleone si organizza per sfuggire agli attacchi del nemico in agguato: i pesanti fardelli vengono lasciati all’accampamento, si decide di formare 2 battaglioni che procederanno con mezzi e tempi diversi per disorientare il nemico. Lasciati gli appartamenti, facciamo colazione al supermercato con yogurt e un dolce tipico identico alle nostre cartellate condite con il miele e semi di sesamo. Finalmente riusciamo a individuare delle strade ”cicloamiche” ci addentriamo nel cuore dell’isola attraversando boschi di olivi e cipressi fino ad inerpicarci su un incantevole paesino “Anocorakiana”. Qui il tempo sembra essersi fermato, ci incuriosiscono 2 anziane signore che stanno sedute sull’uscio di una specie di farmacia abbandonata, entriamo, cerchiamo di capire se si trattasse di una farmacia o di un bar, con strenui sforzi di comunicazione riusciamo a sapere che i mobili risalgono al 1750 e che l’attività era stata tramandata per 3 generazioni. Foto: specie di farmacia abbandonata ad Anacorakiana Dopo aver scattato qualche foto con le simpatiche signore, procediamo alla volta della seconda tappa Ducades. Lungo la strada ci fermiamo a una fontana di un villaggio, approfittiamo per darci una rinfrescata, guardiamo esterrefatti Lucrezia bagnarsi i capelli e riflettiamo sul potere del viaggio di immetterci in una dimensione più semplice, essenziale di liberarci dei condizionamenti e permetterci di guardare la vita da una diversa prospettiva. A Ducades ci raggiungono Daniela, Giampiero ed Enrico con 2 moto e insieme si scende a Palaiokastriza per un tuffo in un mare da sogno. Lo sforzo di Baldassarre di portarsi dietro pinna e maschera si trasforma presto nella soddisfazione di offrire al gruppo un bel bottino di ricci, ci sistemiamo su uno scoglio e ci gustiamo le prelibatezze, notiamo che non sono particolarmente pieni forse per la scarsità di vegetazione acquatica. Prima di ripartire verso Dassia saliamo a vedere un monastero di monaci eremiti, i monaci ci sono ancora ma non sono più eremiti vista l’abbondanza di gente che raggiunge quei luoghi.
Il brivido dei 40 orari che avevamo provato nello scendere al mare si trasforma al ritorno nell’estenuante sforzo di risalire una salita al 7% di pendenza per oltre 3Km sotto il sole del primo pomeriggio, se considerate che alcuni di noi non avevano neppure le marce potete capire che cosa vuol dire avercela fatta!!
Giunti
a Dassia, facciamo i bagagli e salutiamo la gentilissima padrona di casa.
Per la strada l’incremento della velocità media degli automobilisti e
il numero sempre maggiore di bandiere svolazzanti fanno intendere che la
partita Grecia Portogallo sta per cominciare. Noi assistiamo alla partita
seduti ai tavoli di un ristorante che ci era stato consigliato mangiando
l’ultima porzione di insalata greca e Tzatzichi di questa vacanza greca,
al primo gol capiamo che è meglio annullare il programma di fare un giro
nel centro prima di partire. Davanti
al ristorante c’era una simpatica brigata di donne ubriache che
cantavano a squarcia gola, una di loro parlava italiano e ci spiegava
che piuttosto che rimanere sole a casa al caldo loro si incontrano al
parco per un bicchiere di birra. Hanno mostrato grande simpatia per noi
italiani citando un detto “italiani greci una faccia una razza”e
poi, in nostro onore, hanno cantato “Mamma son tanto felice”. Intanto
Ogni
tanto arrivavano bombe carta che si spegnevano tuffandosi nel mare, i
traghetti suonavano le sirene e un camionista greco correva avanti e in
dietro col suo tir sulla banchina suonando il clacson. Meno male che
eventi così avvengono una volta ogni 70 anni!! Nonostante
il ritardo della partenza l’arrivo a Brindisi è avvenuto alle 6,00 come
previsto dando a tutti la possibilità di prendere il treno per tornare al
“travaglio usato”. A parte la stanchezza, questo viaggio è stato una bella esperienza. Alla faccia di Marco che l’aveva proposto per poi tirarsi in dietro vigliaccamente ci siamo portati a casa la soddisfazione di avercela fatta.
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. I cavalieri che fecero l'impresa |