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Visita dei
cicloamici a Urupia, comune libertaria, collettivista e ecologista |
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Urupia comune libertaria nel salento Nel 1995 prende forma il progetto URUPIA con l'acquisto di una masseria che diventa una Comune libertaria Abbiamo carpito e frammentato in paragrafi il bilancio a 10 anni dalla fondazione di Agostino Manni, uno dei fondatori della Comune. Il ciclogiornale esprime simpatia e ammirazione per la strenua determinazione delle comunarde a portare avanti con coraggio il loro progetto.
Incubazione del progetto Il progetto Urupia nasce all’inizio degli anni novanta dall’incontro tra un gruppo di salentini -all’epoca quasi tutti redattori della rivista Senza Patria- e alcune persone di origine tedesca, “militanti” della sinistra radicale in Germania. Tre anni di seminari, scambi epistolari, incontri, dibattiti, accompagnano un percorso di conoscenza, di chiarificazione degli obiettivi e dei contenuti del progetto, di definizione dei metodi organizzativi, delle prospettive economiche, delle possibilità politiche, etc..
Decollo Il progetto decolla “ufficialmente” nel 1995, con l’acquisto di alcuni fabbricati rurali e di circa 24 ettari di terreno nelle campagne di Francavilla Fontana, nel Salento, a metà strada tra Brindisi e Taranto.
Principi costitutivi
La Comune Urupia diventa così
realtà: suoi principi costitutivi sono soprattutto l’assenza della
proprietà privata e il principio del consenso, ossia l’unanimità
delle decisioni. Questi “punti consensuali” vengono scelti nella
convinzione che, in qualsiasi contesto sociale, una vera uguaglianza
politica non sia realizzabile senza la base di una uguaglianza
economica, e vengono assunti come corollario al desiderio di porre
l’individuo, la sua autonomia e la sua felicità a fondamento di
qualsiasi sviluppo sociale.
A Urupia si lavora
troppo
Urupia comincia a “vivere” nella primavera del ’95 con la
ristrutturazione dei fabbricati -quasi 2000 metri quadri di
strutture murarie coperte- e con la messa a coltura dei terreni
della Comune, entrambi da anni in condizioni di avanzato abbandono.
Da allora tutti gli impianti fondamentali sono stati realizzati:
acqua, luce, gas, riscaldamento, un impianto pilota di
fitodepurazione per le acque di scarico, due impianti solari per la
produzione di acqua calda, una fitta rete di tubazioni per
l’irrigazione delle colture nelle campagne. Diversi spazi abitativi
sono stati ristrutturati, così come molte delle infrastrutture della
vita quotidiana: la cucina, i bagni, i magazzini, i forni, diversi
laboratori, ricoveri per attrezzi, un campeggio attrezzato per gli
ospiti estivi, un locale per lo stoccaggio e la vendita dell’olio,
una nuova cantina, un capannone per le attività socioculturali ...
I terreni sono stati quasi tutti messi a coltura: più di 10 ettari
di oliveto, tre ettari e mezzo di vigne, diverse are di orto, i
seminativi, i frutteti, etc. Migliaia di nuove piante sono state
messe a dimora.
Qualcuno ha detto che ad Urupia si lavora “troppo”: e in realtà, se
ci si guarda in giro, e si è stati qui almeno una volta all’inizio,
non ci si può sottrarre alla sensazione di un’enorme, fervida,
interminabile mole di attività che ha trasformato completamente, in
poco più di 10 anni, l’aspetto di questo posto. Ma il lavoro a
Urupia non è solo quello sui cantieri o nei campi: migliaia di ore
di assemblee hanno impostato la nostra vita e le nostre scelte,
regalandoci nello scambio maggiore consapevolezza e maggiore libertà
praticamente su tutto: sui nostri limiti e sui nostri sogni, sulla
cura dei figli e sull’uso delle auto, sulla guerra nei mille angoli
del mondo e sull’allevamento degli animali, sui nostri consumi e
sulle risorse del pianeta, sulla repressione politica ed economica e
sulle nostre relazioni sociali...
... dopo 10 anni
Difficile descrivere oggi, dopo oltre 10 anni di vita, che cos’è la
Comune Urupia; difficile dare un’idea, sia pure approssimativa,
delle innumerevoli attività -politiche, sociali, lavorative,
economiche- svolte dal 1995 ad oggi dalle centinaia di persone che
hanno animato questo laboratorio sociale dell’utopia. Nelle
intenzioni delle comunarde che diedero vita al progetto, la Comune
avrebbe dovuto rappresentare la realizzazione pratica di un’utopia
libertaria: la possibilità, cioè, di raggiungere un alto livello di
autosufficienza economica, di libertà politica e di solidarietà
sociale attraverso il lavoro e l’agire collettivo, eliminando ogni
forma di gerarchia, sia quelle determinate dalla proprietà che
quelle legate al sesso, sia quelle fisiche che quelle intellettuali.
Urupia doveva essere un laboratorio quotidiano dell’autogestione che
riuscisse a permettere al tempo stesso il massimo sviluppo delle
possibilità individuali e la massima negazione delle leggi del
mercato, il rispetto delle diversità umane e l’opposizione alle
leggi del privilegio e del profitto; la dimostrazione concreta,
insomma, della possibilità di un vivere individuale e collettivo che
negasse, di per sé, il più possibile, le ingiustizie del sistema
dominante.
Un percorso a
ostacoli
Quanto di tutto ciò siamo riusciti a
realizzare, anche questo è difficile dire, e comunque, forse, non
spetta neanche a noi, questo compito. Lontana da noi la presunzione
di aver anche solo sfiorato il raggiungimento di simili ideali,
viviamo invece quotidianamente la consapevolezza della difficoltà di
un percorso di vera autogestione: i continui conflitti tra privato e
collettivo, il costante riemergere di comodi meccanismi di delega e
di ambigue gerarchie informali, la difficoltà del raggiungimento di
una vera uguaglianza tra i sessi e di un rapporto di serena,
efficace collaborazione tra uomini e donne, la risucchiante
prepotenza delle peggiori leggi dell’economia, sono tutte
contraddizioni che stanno lì ad indicarci quanta strada abbiamo
ancora da fare, e quanto difficile sia questo percorso.
Il teatro "Urupia"
Così alla fine Urupia
potrebbe anche essere vista come un crocevia di esperienze e di
idee, come un teatro di sofferenze e di emozioni, di speranze e di
amori, di rabbie e di incertezze; una piccola -ma quotidiana,
continua- rappresentazione di una personale e collettiva ricerca di
quel mondo migliore, più libero e giusto, nel quale sarebbe anche
ora che cominciassimo a vivere, noi che ci avveleniamo il sangue per
questo schifo di mondo che invece dobbiamo sopportare.
Foto: festa
estiva a Urupia. La comune di Urupia raccoglie la simpatia di tanti amici
che nel Salento e nelle Murge simpatizzano per il "progetto". Si
può chiedere di essere ammessi a Urupia per una esperienze di vita e
lavoro. Soprattutto durante l'estate grazie alla presenza di un piccolo
campeggio che accoglie frikkettoni da tutta europa. Formula: chi non
lavora non mangia.
Foto: preparazione di
pizze a Urupia. In mezzo Gianfranco, a destra Tonino, grande ed eterno amico del ciclocaporedattore. Uomo di pensiero e azione. Non vi è
mestiere che non conosca: falegname, carpentiere, muratore,
agricoltore. Gran cuore e generosità, Tonino è una delle
menti più attive dell'area ionico salentina murgiana.
Foto: Il banchetto dei cicloamici a
Urupia
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Da "Umanità Nova" n.6 del 21 febbraio 1999
Incontro con la comune Urupia
Per i pochi che ancora non la conoscano diciamo che è una comune
attiva dal maggio 1995 nel salentino.
Pur essendo formata attualmente da 5 donne e 8 uomini parla al
femminile, si definiscono "comunarde", sollevando sempre
in chi li ascolta per la prima volta un po' di perplessità.
Perplessità perchè ogni atteggiamento diverso da quello usuale
risulta sempre alquanto "strano". E strane sono le
comunarde di Urupia per i paesani che vivono vicino a loro, strane
sono a volte per noi, che ascoltandole con vero piacere, ci sentiamo
un po' invidiosi.. Perciò le ascoltiamo parlare a lungo della loro
esperienza: dei
Foto: Ia cantina di Urupia
Le ascoltiamo narrarci delle loro assemblee il lunedì mattina
per decidere insieme l'organizzazione del lavoro della settimana e
per prendere le decisioni necessarie al buon funzionamento della
Comune. Le sentiamo dirci con semplicità che da loro non si decide
a maggioranza, ma solo se tutte sono d'accordo, che la proprietà è
collettiva, che esiste una cassa comune dove entrano tutti gli
introiti in denaro e da dove ognuna prende ciò che le occorre.
Ci parlano delle difficoltà che a volte sorgono sia a livello
economico - tecnico, sia per difficoltà di rapporti personali. Ma,
ci dicono, il progetto è nato da "un innamoramento
reciproco" e si sente dai loro racconti che questo
innamoramento esiste ancora, che è qualcosa di radicato e di
pregnante la vita di tutti i giorni. Il motivo che li ha fatti stare
bene nonostante le difficoltà iniziali.
E nelle loro parole si sente anche la realizzazione di un
progetto di vita che non vogliono imporre a nessuno, ma che
propongono semplicemente come una esperienza positiva che ha
migliorato le loro vite.
Sono consapevoli della necessità dell'aiuto delle altre compagne
d'Italia perchù senza una rete di distribuzione i loro prodotti
rischiano di rimanere invenduti, ringraziano per l'aiuto che negli
anni tutte hanno dato loro in varie forme: tempo lavoro, sostegno
economico, solidarietà.
Ma sicuramente siamo noi che abbiamo bisogno del loro aiuto,
della loro esistenza per continuare a pensare che il sogno può
anche essere vissuto. Red. Mil.
Foto: Tonio il compare scende dalla bici per inerpicarsi su un sentiero di Lama Pensiero a Grottaglie |