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Autopresentazione di Simone e Donatella Salve! Vi scrivo dal Piemonte. Verso la fine di luglio, poco prima della partenza per le vacanze, ho trovato il vostro bel sito. Siccome io e la mia compagna avevamo deciso di visitare la vostra regione (lei è originaria di San Ferdinado di Puglia) e dato che spesso facciamo le vacanze sulla bici, ho letto con interesse le vostre pagine on-line, comprese quelle dove illustrate alcuni possibili itenerari. Alla fine non abbiamo seguito gli interessanti percorsi da voi provati ma ne abbiamo fatto uno nostro: partenza da Margherita di Savoia (parco naturale delle Saline) e giro completo del Gargano. Se siete interessati posso anche inviarvi delle foto (e qualche spiegazione/commento) del nostro viaggio: magari si tratta di materiale che vi serve per arricchire il vostro sito…oppure no! Comunque complimenti per il sito e…arriverderci al prossimo giro in Puglia magari Simone Gosso, Brandizzo (Torino)
GIRO DEL GARGANO IN BICI
PRIMA TAPPA. Partenza da San Ferdinando di Puglia. Si va verso la costa. Raggiungiamo in breve Trinitapoli. Da lì prendiamo per Margherita di Savoia dove appaiono le prime saline. Piegando verso nord costeggiamo la bellissima riserva naturale della Salina di Margherita di Savoia, attraversata da alcune strade sterrate che si possono agevolmente percorrere con la mountan-bike. Risaliamo la costa. Ci riposiamo brevemente a Torre Pietra. Ripartiamo per Zapponeta dove incrociamo un ragazzo con bici e borsoni. Dopo qualche chilometro devo cambiare la prima camera d’aria. Arriviamo a Manfredonia. Il tragitto è lungo ma agevole. Puntiamo su Mattinata, attraverso i tornanti della strada panoramica che si è obbligati a percorrere a causa della galleria stradale non percorribile in bicicletta. SECONDA TAPPA. Da Mattinata ripartiamo seguendo la costa dove si alternano le salite e le discese. Questa volta non percorriamo molta strada. Ce la prendiamo comoda: passiamo la Baia delle Zagare e Pugnochiuso. Incontriamo una coppia di cicloturisti tedeschi che arrivano direttamente…dalla Germania! Scambiamo due parole con i due impavidi amici che poi proseguono imperterriti. Noi ci godiamo lo spettacolo offerto dagli strapiombi sul mare. Giungiamo in basso: siamo quasi a Vieste. Ancora qualche tornante ed eccoci in centro. Dormiamo lì. TERZA TAPPA. Ci alziamo tardi. Dal cocuzzolo di Vieste riprendiamo la via la mattina seguente. Questa volta non abbiamo tanta voglia di pedalare. Io foro per la seconda volta. La giornata è molto bella. Anche nel corso di questa tappa, ovviamente, i saliscendi della statale sono mozzafiato. Divertenti per qualcuno, faticosi per qualcun altro. Ma proseguiamo. I chilometri sono pochi: ci fermiamo in campeggio presso la Baia di Manacore. La sera lo scenario dal promontorio a picco merita la sosta. Trabucco sul mare. QUARTA TAPPA. Ripiegata tenda e sacchi a pelo inforchiamo nuovamente le nostre biciclette. Gente stralunata ci guarda mentre usciamo dal camping. Peschici sembrava più vicina. Andiamo avanti. I tornanti della testa del Gargano lasciano il posto ad una strada più tranquilla che lentamente diventa dritta. In prossimità di Rodi Garganico il cielo assume colori preoccupanti e ci becchiamo la prima (ed unica) pioggia (leggera). Tiriamo dritto lungo il lago di Varano poi pieghiamo a sinistra allontanandoci dalla costa. Oltrepassiamo uno strano paese abbandonato (San Nicola Varano?) e lentamente risaliamo, dall’altra parte della laguna. Anche qui la vista è decisamente affascinante. Cerchiamo un posto da dormire ma ci dicono che è meglio andare a Carpino dove arriviamo alla sera. QUINTA TAPPA. Da Carpino (dove, per puro caso, incontriamo un nostro amico che per contentezza decide di regalarci due bottiglioni d’olio…figuriamoci siamo in bici!) le salite diventano nuovamente serie. Ma la strada è forse la più tranquilla e più bella di tutta la vacanza. Colori pastello, more e ulivi ai lati della strada, pochissime automobili. Senza quasi accorgerci siamo nel bel mezzo del Parco Nazionale del Gargano. Sbuchiamo sulla strada 528. Traffico più sostenuto. Di botto si torna in basso e poi si risale: imboccando sulla sinistra la statale 272 facciamo tappa (montana) a Monte Sant’Angelo. Anche qui facce sorprese al nostro passaggio. Prendiamo sonno senza fatica. SESTA TAPPA. Partenza in discesa: è l’ideale dopo cinque giorni di pedalate. Ma finisce subito. Altre salite in direzione di San Giovanni Rotondo dove si arriva attraverso una strana lunga vallata arida. Prima di San Giovanni Rotondo facciamo in tempo a salutare, senza fermarci, un ragazzo che dall’altro lato della strada cammina veloce con zaino a spalla, scarponi e bastone: se la sta facendo a piedi. Un gran via-vai di autopullman di fedeli in pellegrinaggio anticipa il nostro arrivo nella cittadina. E’ ora di pranzo e ci fermiamo a mangiare in un bel ristorante (un ex-cinema) consigliato da Slow Food. Con la pancia piena riprendiamo il viaggio fino a San Marco in Lamis dove ci fermiamo dalle zie di Donatella. SETTIMA TAPPA. Siamo sul promontorio che domina il Tavoliere. La foschia impedisce di vedere Foggia e il mare che sono laggiù. Nuovamente in discesa: 15 chilometri senza una pedalata. Poi la pianura ci ingoia: siamo controvento! Facciamo strade e stradine che collegano una masseria dietro l’altra. Il sole ci fa faticare. Rubiamo (ma in buona fede) qualche pomodoro dai campi. Questa volta il paesaggio non ci distrae come all’inizio e la troviamo lunga. Finiamo anche da bere. Lentamente ci avviciniamo al punto da dove eravamo partiti. A Trinitapoli ci scoliamo un’orzata fresca che ricordiamo ancora adesso. Dopo uno stop impiegato a saccheggiare un supermarket il lungo stradone assolato ci riaccompagna a San Ferdinando di Puglia. Finisce il giro. SETTIMA TAPPA/BIS. Ci abbiamo preso gusto e un paio di giorni dopo facciamo una piccola tappa aggiuntiva. Da San Ferdinando di Puglia (che praticamente sorge su una delle sponde dell’Ofanto) pedaliamo con un’altra meta: Canne della Battaglia. La scampagnata è deliziosa: dal paese una ripida discesa (forse proprio la continuazione di via Ofanto, se la memoria non mi inganna) porta direttamente al fiume. Qualche timido airone si leva in volo al nostro passaggio. Il percorso è però da inventare: dopo qualche sentiero a fondo cieco e qualche cartello che indica un fantomatico percorso naturalistico guadandiamo l’Ofanto un paio di volte e riusciamo ad attraversare le vigne. Con Canosa da una parte e Barletta dall’altra, saliamo fino a Canne. Mura antiche, tombe, vestigia. Rubo una piccola pietra. Il posto, bello e suggestivo, fa venire in mente molte cose.
Simone
Link utili Ci piace segnalare questo gruppo di guide in mtb per la loro intraprendenza Team Gargano Bike Dopo oltre 7 anni di attività, il Team di Garganobike Center movimenta i turisti in mountain bike offrendo percorsi a diversi livelli di difficoltà. Ci sembra una valida opportunità per gli amanti della bicicletta. GARGANO
BIKE CENTER Località Defensola 71019 VIESTE-FG-ITALY
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Foto: Saline a Margherita di Savoia . Flora a fauna nel Parco del Gargano fonte e notizie utilissime nello squisito sito ufficiale del Parco: http://www.parcogargano.it/ Ognuno di questi ambienti è caratterizzato da una flora molto varia e particolare, si contano più di 2.200 specie botaniche, che rappresentano circa il 35% dell'intera flora nazionale. Grazie a condizioni climatiche particolari e a venti settentrionali che si caricano di umidità, sul nostro promontorio cadono circa 1300 mm. di acqua sottoforma di pioggia. Tutto ciò permette lo sviluppo di un microclima molto particolare in cui alcune essenze vegetali riescono a vivere in condizioni non riscontrabili in nessuna altra parte d'Italia e del mondo: faggete all'interno e sul versante nord, pinete di Pino d'Aleppo lungo le coste, grandi estensioni di macchia mediterranea, il tutto inframmezzato da querceti in cui abbondano cerri e lecci e da boschi misti ricchi di ornelli, frassini, olmi, agrifogli, castagni, aceri, querce, faggi ecc. In alcuni angoli molto particolari vegetano tassi, faggi e pini d'Aleppo incredibili per dimensioni e vetustità. Il sottobosco è popolato da numerose essenze: felci, rovi, rose canine, ciclamini, funghi eduli e velenosi ecc. Nelle radure, fra i fichi d'india e nelle zone steppose fioriscono le orchidee selvatiche, che all'interno del Parco Gargano sono presenti con circa 85 specie e ne fanno la località più ricca d'Europa. Sui pendii assolati crescono rigogliosi gli olivastri, i perastri, i melastri, i biancospini attorniati da cespugli di lentisco, ginepro, timo, rovi, fichi d'india ed un albero bellissimo detto "l'albero dei diavolo", ovvero il carrubo. Nella zona pedemontana la vegetazione cambia volto e la steppa predomina. Steppa ricca di fichi d'india, asfodeli, ferule, euforbie, iris, in cui cresce un fungo molto particolare il Pleurotus eringi. Tutto ciò è interrotto qua e là da oliveti, mandorleti, vigneti e campi biondeggianti di messi. Altri ambienti particolari racchiusi in questo autentico gioiello, sono le zone paludose di Frattarolo e dell’Oasi di lago Salso e le Lagune costiere di Lesina e Varano. Le prime, ribattezzate "Paludi di Federico II", si dividono in due zone, una dove regnano sovrane la cannuccia palustre, la tifa, l'eucaliptus, il giglio d'acqua e l'altra dove predomina la flora xerofila ovvero salicornie, giunchi, tamerici ecc. I laghi di Lesina e Varano sono caratterizzati da un bosco intralitorale che cresce sulla sottile lingua di sabbia che li divide dal mare e in cui vegeta il Cisto di clusio e da canneti che circondano le sponde. Si tratta di grandi boschi di faggi, lecci cerri e, a volte associati a farnetti, olmi, frassini, che si distribuiscono nell'area più interna dei promontorio con le foreste di Ischitellia, Manatecco, Ginestra, Sfilzi, Umbra, Bosco Quarto, Umereta delle Ripe e lacotenente. Altri boschi di estremo interesse naturalistico sono anche quelli di Monte Sant'Angelo (4.000 ettari), di monte Sacro, presso Mattinata e di Spina Pulci (900 ettari), tra SannicandroGarganico e Cagnano Varano. Sulla costa dominano invece le pinete di pino d'Aleppo: sono circa 7.000 ettari che si alternano alla macchia mediterranea, ricca di formazioni a lentisco, firillea, erica multiflora, e corbezzolo. Il Gargano può ritenersi un’isola biologica, giacchè la parte più alta del Promontorio è stata isolata per un lunghissimo periodo preistorico. Da ciò dovrebbero derivare fenomeni come l’endemismo ed il macrosomatismo. In tutte queste zone è possibile osservare il fenomeno del macrosomatismo, ossia una crescita abnorme delle specie vegetali, imbattendosi, così, in certi esemplari di pini d'aleppo, faggi, lecci e tassi di dimensioni monumentali. Ricordiamo il carrubo di 13 metri di circonferenza nel parco di Pugnochiuso, nel comune di Vieste. Il leccio, alto 17 metri e con 5 di diametro, presso il convento dei Cappuccini a Vico Gargano. E’ da menzionare altresì la presenza di endemismi famosi tra i quali: la campanula garganica, la scabiosa Dallaporta, il citiso, la santoreggia, l’inula candida, il Cisto di Clusio, rara specie i cui pochi esemplari si possono osservare sulle dune di Lesina, il fiordaliso delle Tremiti, presente solo sulle isole Tremiti, l’erba ghiacciola che vive sulle rupi marittime e sui litorali sabbiosi di Vieste. La Fauna del Parco del Gargano E’ improbabile ritrovare lungo le sponde del Mediterraneo un altro luogo come il Parco Nazionale del Gargano capace di racchiudere in così poca estensione tanta biodiversità, siamo di fronte ad un piccolo microsmo, una vera isola biologica. In questo angolo di Adriatico è possibile compiere nel breve spazio di un giorno un excursus totale capace di comprendere l’intera natura del Mediterraneo incontrando su pochi chilometri gli habitat più diversi:dalle aride steppe pedegarganiche alle fitte ed estesissime foreste, dalla macchia mediterranea alle candide scogliere calcaree, dalle dune di Lesina e Varano alle meravigliose Isole Tremiti, dalle pinete di Pini D’Aleppo agli acquitrini ed ai fitti canneti delle Paludi di Frattorolo e dell'Oasi lago Salso, dai boschi rigogliosi della Foresta Umbra alla limpidezza del mare. A questa diversità di paesaggi e di flora corrisponde, in maniera forse maggiore, una diversità di fauna. Sul territorio del Parco nidificano ben 170 specie di uccelli su 237 nidificanti in tutta Italia. Nelle foreste dell’interno vivono ben 5 specie di picchi: verde, rosso maggiore, minore, mezzano e dorso bianco. Tra i rapaci nidificanti ricordiamo: la poiana, il gheppio, lo sparviero, il falco pellegrino, il lanario, il falco di palude, l’albanella minore, oltre al biancone che caccia rettili nelle zone assolate. Inoltre si segnala la presenza di alcuni falchi pescatori e rare aquile anatraie minori, durante il periodo migratorio. Tra i rapaci notturni sono presenti: il gufo reale, il gufo comune, il barbagianni, l’allocco e l’assiolo. Nello stesso habitat ritroviamo varie specie di fringillidi, diverse specie di cincie tordi, il merlo, cesena, e colombacci. Segnaliamo inoltre numerose colonie di corvidi: cornacchie grigie, ghiandaie, taccole e alcune coppie di corvi imperiali. Nelle zone umide a Nord ed a Sud nidificano circa 46 delle oltre 60 specie legate all’ambiente acquatico, nidificanti in Italia. Tra le altre ricordiamo l’airone rosso e cinerino, la garzetta, il tarabuso, il basettino, sgarza ciuffetto e la nitticora, il germano reale, l’alzavola, la marzaiola, la moretta tabaccata, il mestolone, il corriere piccolo, il fratino, il cavaliere d’Italia, la gallinella d’acqua, la folaga, lo svasso maggiore ecc. La consistenza di queste specie aumenta considerevolmente durante i passi arrivando a raggiungere consistenze numeriche varianti dalle 15000 alle 30000 unità arricchendosi di specie come le oche selvatiche, granaiole, lombardelle,i cigni, i fenicotteri, i mignattai, le avocette, le volpoche, canapiglie e morette, i cormorani, varie specie di gabbiani e di mignattini, gruccioni e ghiandaie marine, ecc. Nei canneti, oltre ai cannereccioni, cannaiole pendolini, durante l’autunno si segnala la presenza di una numerosissima colonia di storni. Negli acquitrini della zona di Frattarolo durante i passi autunnali e primaverili è possibile ammirare combattenti, pittime reale, pettegole pantane, piovanelli e piro piro di diverse specie, pernici di mare, pavoncelle, pivieri, chiurli, beccaccini, frullini, ecc. Tra le iniziative importanti è da ricordare la reintroduzione del gobbo rugginoso sotto l’egidia della L.I.P.U.finanziato dall'Ente Parco. Nei pascoli steppici della fascia pedegarganica tra innumerevoli difficoltà, sopravvivono all’estinzione l’occhione e la gallina prataiola e volteggiano in numero consistente allodole, calandre, cappellacce e succiacapre. Negli oliveti, oltre a numerosi passeriformi sono presenti in primavera numerose tortore e rigogoli. I campi di grano, le stoppie e coltivi sono frequentati da quaglie. Nei pascoli e nelle steppe pedegarganiche è possibile ascoltare il canto dello strillozzo. Lungo le coste e nelle parti antiche dei paesi del gargano i cieli sono solcati dai voli di rondoni, rare rondini rossicce, balestrucci, topini, rondone pallido e rondini alpini. Nelle numerose grotte vivono colonie di pipistrelli delle specie nottola, ferro di cavallo ecc. Tra i mammiferi è da ricordare la presenza del capriolo italico, una sottospecie endemica ed esclusiva del Parco, inoltre sono presenti il cinghiale, il daino, la donnola, la faina, il gatto selvatico, magnifico felino predatore che vive nel folto della boscaglia della Foresta Umbra, la lepre, il riccio, la talpa, il tasso, la volpe, il ghiro, il moscardino, diverse specie di topi ed arvicole. E'estinta la foca monaca, sicuramente presente in alcune grotte delle isole Tremiti fino ad alcuni decenni fa. Tra i rettili e gli anfibi, presenti in numero cospicuo, anche per l’abbandono delle zone rurali, ricoprono aspetti peculiari la tartaruga terrestre e palustre, l’orbettino, il colubro di Esculapio e il colubro liscio, la luscegnola, il geco verrucoso, la vipera comune, il cervone, la natrice dal collare, il ramarro, la lucertola campestre, ecc. Gli anfibi sono presenti con la raganella, la rana verde e dalmatina, il rospo comune e smeraldino e il tritone italico e crestato. Questi animali occupano le zone acquitrinose, i canali, le sponde delle lagune ed i cutini in varie zone boscose del Parco.
notizie tratte ed elaborate dal sito http://www.gargano.it
La Via Sacra dei Longobardi collegava direttamente la capitale longobarda Benevento al Santuario di S. Michele sul Gargano. Nasceva dunque come una meta di pellegrinaggio a corto raggio. Con
la dominazione longobarda si svilupperà tanto da divenire
un'importantissima meta di pellegrinaggio per tutta la cristianità, testimone di
tante avventure, di tante espiazioni, soprattutto a partire dal secolo XI.
Una
delle prime ipotesi che possiamo avanzare è che la via sacra fosse
evidentemente non lastricata. Essa doveva apparire al viandante aspra e
faticosa per l'accidentalità del terreno, per la presenza di boschi,
pericolosi sia per la presenza di animali selvatici sia per la presenza di
predatori. Vi
erano due strade che conducevano direttamente al Gargano. La
prima passava attraverso la riva meridionale della laguna di Lesina, per
giungere poi, costeggiando la laguna di Varano alla piana di Carpino; di
qui, attraverso facili valichi, si giungeva a Monte S. Angelo. La
seconda via è quella che immette direttamente nella valle di S. Marco. E'
la strada che fu percorsa durante l'età classica e che collegava
direttamente Roma con le regioni settentrionali e specialmente con la
Puglia. Nelle vicinanze di Candelaro la strada si divideva: una proseguiva
verso Nord- Est attraverso la valle di Stignano, S. Marco in Lamis, S.
Giovanni Rotondo e Monte S. Angelo, l'altra proseguiva verso Sud- Est per
collegarsi con Siponto. Questi itinerari erano utilizzati già in età classica ma, con il diffondersi del culto di S. Michele sul Gargano e con la presenza di un vasto movimento di pellegrinaggio, la via mediana acquista una tale importanza da essere denominata la Via Sacra dei Longobardi. Lungo
questo itinerario i longobardi costruirono numerose chiese, monasteri,
ospizi, posti di guardia, i quali erano punti obbligati del pellegrino; essi
erano dislocati ad intervalli quasi regolari. Tra i vari Santuari che si trovano lungo tale via, a termine del vallone di S. Marco troviamo il Santuario della Madonna di Stignano, le cui origini non ci sono ben note. Probabilmente il monastero dovrebbe risalire all'alto Medioevo, grazie alla presenza di monaci basiliani. La sua importanza si ebbe soprattutto con lo sviluppo del pellegrinaggio al Santuario di S. Michele, tanto che nel 1231 viene citata una chiesa dedicata a S. Maria in valle Stiniano. L'attuale chiesa risale al secolo XVI, ed è possibile ammirare un grazioso chiostrino a portico e loggia, con puteale del 1576 e un altro chiostro maggiore. La Via Sacra, dopo Stignano, saliva lungo il lato settentrionale del vallone, per giungere all'attuale S. Marco in Lamis. Lungo il cammino fra S. Marco e S. Giovanni Rotondo, era sorta l'abbazia di S. Giovanni de Lama, ora Santuario di S. Matteo, situata anche essa in un punto strategico della valle che dominava il valico di Monte Celano. L'abbazia sarebbe sorta verso la fine del VI secolo su in tempio pagano, fu ampliata nel IX secolo al tempo di Ludovico II che, dopo aver sconfitto i saraceni, che infestavano le coste adriatiche e giungevano spesso anche al santuario di S. Michele, restaurò la suddetta abbazia, ampliandola, tanto che in pochi decenni acquistò una certa rinomanza per tutti il Medioevo. L'attuale denominazione di santuario di S. Matteo la prese nel XVI secolo. Il
convento si eleva in bellissima posizione su un poggio isolata dominante la
conca. Fu un importante centro benedettino per tutto il Medioevo; nel 1311
passò ai Cistercensi e infine ai Francescani che lo tengono tuttora. La
costruzione si eleva su possenti mura quadrate a guisa di fortilizio.
L'interno è caratterizzato da una volta a crociera ed un altare
seicentesco; una statua lignea bizantineggiante di S. Matteo, del '300,
campeggia sull'altare maggiore. Dopo S. Matteo sorgeva una chiesetta
dedicata a S. Giovanni, originariamente battistero con la caratteristica
forma rotonda. Era
sorta probabilmente in età tardo-antica, come una posta della via sacra.
L'omonimo centro abitato di S. Giovanni Rotondo sorse agli inizi del secolo
XI e prese la denominazione proprio dalla suddetta chiesa. Tuttavia il
centro ha una origine molto più antica ,in quanto sono state trovate sul
posto diverse tombe daune, ellenistiche e di età romane. Proseguendo lungo
la via sacra, a circa Le tracce del pellegrinaggio Garganico sono ancora impresse nei solchi di vie o tratturi, dove è possibile ancora rintracciare forme di uomini e animali, che, come gocce di acqua imperitura, hanno scavato la roccia con il pensiero fisso verso la cima del monte. Finora abbiamo descritto e analizzato il tema della via sacra dei Longobardi attraverso l'analisi delle preesistenze, necessarie per renderci conto dei paesaggi storici e degli edifici, passiamo ora ad analizzare alcune fonti o cronache letterarie lasciateci dai diretti interessati e per interposta personale. Purtroppo la mancanza di un archivio
nel santuario di S. Michele non ci permette di ricostruire, attraverso una
adeguata documentazione, la storia del pellegrinaggio Garganico, che si
sviluppò subito dopo che i longobardi elessero a loro santo protettore S.
Michele Arcangelo. Con i Longobardi il culto di S. Michele, da un ambito
strettamente locale, divenne nazionale e internazionale, tanto da
richiedere, la costruzione di un vero e proprio santuario con diversi
ambienti e diverse strutture architettoniche.
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