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Cronistoria
E'
stato un viaggio che ci ha riempiti: la calda accoglienza degli Altamurani,
il sole spendente, il freddo pungente. Il pane cotto nel forno di pietra e
trangugiato sommerso d'olio e condito da pomodorini. Rendiamo così omaggio
ad Altamura, una città fiera della sua storia e memore della sua fiera
resistenza alle forze dell'oppressione e della conservazione.
Tuttavia
per rendere la cronaca completa dobbiamo purtroppo segnalare la cattiva
sorpresa di aver trovato il Pulo ridotto ad una enorme discarica a cielo
aperto .. debitamente fotografata:
Coraggio
Altamurani! Ripulitevi il Pulo
Giovedì
6 ore 10:00 Bianca Tragni
(filosofa, esperta di cultura popolare preside e presidente del Club
Federiciano http://www.biancatragni.it/
) ci da un benvenuto nella sua città illustrandoci la cattedrale nel modo
in cui solo chi la conosce e la ama profondamente può fare.
Foto:
la Dr.ssa Tragni è tanto avvincente che anche la gente del posto si
avvicina per ascoltare.
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Subito dopo la visita si parte per la biciclettata nell'Alta Murgia ormai Parco Nazionale: tappe Pulo, Lamalunga,
Santuario del Buoncammino.
Foto:
Cicloamici
e altri nel centro visite di Lamalunga osservano le immagini tridimensionali
dell'uomo di Altamura. Era costui un uomo preistorico vissuto circa 150.000
anni fa che trovò una solitaria morte nella grotta dove era stato
inghiottito. Concrezioni calcaree lo hanno conservato fino a quando nel 1993
fu scoperto dagli archeologi.
Foto:
Le
suggestive strade sterrate dell'Alta Murgia meritano di essere percorse e
godute in bici!
Foto:
discesa nel Pulo con Angela e Baldassarre. Brutte sorprese attendono
i cicloamici sul fondo del Pulo.
Foto:
ampia vallata sottoposta alla pratica della frantumazione delle
pietre (spietramento)
Rientro
ad Altamura prima del buio (escursione simile a quella riportata in https://www.cicloamici.it/marcia_gravina_altamura.htm
)
Carta
dell'alta Murgia a Nord di Altamura, cliccare
per ingrandire
Colazione
a sacco nell’Alta Murgia
Ore
17 racconto dell'eroica resistenza dei giacobini di Altamura all'assedio dei
sanfedisti dei sanguinario Cardinale Ruffo (Maggio 1799) sotto la guida di
Silvio Teot (http://www.uaragniaun.com/silvio.html
musicista del gruppo di musica popolare Uaragniaun )
Ore
20:30 Conferenza Concerto
"La musica nel presepe"
Ore
22:30 I cicloamici vengono
solennemente richiamati sull'altare della cattedrale dove si è svolto il
concerto per ricevere un saluto, un ringraziamento e un dono.
Pernottamento
presso il convento Salesiaono
di Santeramo (a circa 16Km da Altamura e abbastanza economico costo del
pernottamento 12 euro a persona esclusa la colazione)
Necessaria
prenotazione, chi non prenota se ne torna a casa. Potete prenotare
direttamente a 0803141974
Venerdì
7
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Visita ai forni La Maggiore, Forte, Piperno, DiGesù di Altamura e
presentazione delle caratteristiche. Guida d'eccezione il signor Barile (cui
si deve la stesura del disciplinare della DOP del Pane di Altamura)
-
acquisto di una dose abbondante del pane di altamura
Pranzo
rigorosamente a base di pane di Altamura condito con il prelibato Olio
Marrocco ( http://www.perigolosi.it/olio_marrocco.htm
"olio della zita mia") .
Foto:
Leggendario pranzo a base del pane di Altamura del forno di petra. Tavola
imbandita su una panchina
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Visita e saluto alla preside Bianca Tragni presso il suo liceo scientifico
dedicato a Federico II
Nel
pomeriggio altra biciclettata per l'alta Murgia: mete Masseria San Giovanni
e altre Masserie a Nord Ovest di Altamura.
Foto:
La
spendida Masseria S. Giovanni imponente e mirabimente ristrutturata
.
Quota
di partecipazione:
Abbiamo
chiesto ben 2 euro di contributo per le spese di organizzazione e i regali
offerti alle nostre guide
Foto:accesso
ad un tipico claustro nel centro storico di Altamura. I cortili chiusi erano il
centro di attività sociali e produttive. Oggi la maggior parte dei
claustri è abbandonata e/o in degrado. Quando va bene sono ripopolati da
immigrati.
L'episodio
dell'eroica resistenza dei giacobini altamurani ai sanfedisti del
Cardinale Ruffo
La
città di Altamura aderì entusiasticamente alla Repubblica Napoletana
proclamata il 21 gennaio 1799.
Ad
Altamura, il 7 febbraio 1799, fu piantato l'albero della libertà
nella piazza della Cattedrale. In cima fu posto un cappello frigio,
simbolo della libertà, più sotto una lancia ed una scure a
significare che la repubblica si fondava sulla forza, e ancora più
sotto un cerchio con nastri gialli rossi e turchini ad indicare
l'uguaglianza fra tutti. In tanti assistettero a quella
cerimonia.
Tutti
danzavano intorno all'albero tenendosi per mano, e in un grande
girotondo, cantavano: Già si è piantato l'albero, Si abbassano i
tiranni, E dai supremi scanni Scende la nobiltà. I titoli fra noi
Più non saranno tali; Saremo tutti uguali; Viva la libertà.
Foto:
I cicloamici posano sotto il monumento dedicato all'eroica resistenza
degli Altamurani giacobini (1799) alle feroci truppe del Cardinale
Ruffo. Bianca Tragni e Silvio Teot rispettivamente seconda e terzo da
sinistra.
Nel
Maggio del 1799 la città di Altamura, pervasa degli ideali della
rivoluzione francese, oppose una eroica resistenza all'assedio dei
Sanfedisti capeggiati dal sanguinario Cardinale Ruffo.
Il
Ruffo, sbarcato in Calabria dalla Sicilia con pochi compagni ed una
bandiera riportante il motto "In hoc signo vinces", era
riuscito in brevissimo tempo ad allestire una eterogenea armata di
volontari composta tra gli altri dal sanguinario brigante Panzanera.
L'avanzata
dei Sanfedisti consente una rapida riconquista della Calabria che
spontaneamente o quasi si consegna ai realisti. Crotone e Catanzaro
che resistettero vennero barbaramente saccheggiate, gli uomini
trucidati, le donne sistematicamente violentate.
La
città di Altamura era rimasta fedele alla Repubblica. i
repubblicani vi avevano inviato i generali Mastrangelo di Montalbano,
con due squadroni di cavalleria, e Palumbo d'Avigliano, con settecento
uomini, che si aggiungevano alle milizie locali.
Visti
vanificati i tentativi di ottenere la resa della città il Ruffo si
preparò all'attacco mentre gli Altamurani, vittoriosi in una rapida
sortita della loro cavalleria, erano particolarmente euforici. Il 9
maggio 1799 il cerchio si strinse sempre più attorno alla città e,
nonostante il violentissimo fuoco dell'artiglieria nemica, i
sanfedisti riuscirono ad impadronirsi di alcuni importanti avamposti
repubblicani. Gli assedianti si lanciarono in ripetuti assalti
frontali, falcidiati dal fuoco nemico, tanto è vero che al termine
degli scontri si parlò di ben 1350 caduti. Il Ruffo ritenne allora di
cambiare tattica e, fatte trincerare le sue truppe, iniziò il
bombardamento della città.
La
mattina del 10 maggio i sanfedisti si lanciarono all'attacco e,
bruciata porta Matera, penetrarono nella città, la gran parte della
popolazione di Altamura era però riuscita a mettersi in salvo
passando da una porta meno sorvegliata.
Ci
narra il Colletta: Le
sorti di quelli che erano rimasti nelle mura di Altamura furono
terribili: donne, vecchi, fanciulli, uccisi; un convento di vergini
egualmente profanato, e tutte le malvagità, tutte le lascive, si
scatenarono nella strage di Altamura. Quell'inferno durò tre giorni,e
nel quarto, il Cardinale, assolvendo l'esercito e Rivelli, li
benedisse. Poi procedé verso Gravina, che mise a sacco.
Le
forze realiste presidiarono per quattordici giorni la città, nella
quale era progressivamente tornata parte della popolazione, e quindi
proseguirono al loro marcia che si sarebbe conclusa il mese successivo
con la conquista di Napoli.
Dell'assedio
di Altamura rimase traccia nei versi finali dell'Inno dei Calabresi:
E' finita l'uguaglianza / E' finita la libertà / Viva Dio e sua Maestà
/ Li Giacobini fora de cca. / Li votammo cu l'occhi all'ariu / Viva il
principe ereditariu, / Il cardinale ci ha salvato / D'ogni strada
d'ogni via / L'ha aiutato mamma Maria / Viva Dio e l'artiglieria. /
Tante bombe hanno menato / Altamura s'è spianato.
liberamente
tratto da:
uaragniaun,
scuarrajazz 21 fiorile 1799
http://www.repubblicanapoletana.it |
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Il
Parco dell'Alta Murgia
Nel
2004, dopo 10 anni di dure lotte, è stato istituito il Parco
dell'Alta
Murgia.
L’Alta Murgia è caratterizzata da un paesaggio ondulato
brullo e aspro, ma molto suggestivo in cui gli occhi possono
spaziare nell’ampio orizzonte. L’asprezza del luogo nasconde però
una ricchezza di forme, rilievi e depressioni, creati da fenomeni
carsici; alcuni inghiottitoi presenti nell’Alta Murgia sono tra i
più profondi dell’Italia centro-meriodionale (per es. la Grava di
Farauàll arriva fino a 270 m di profondità). Purtroppo alcune di
queste cavità naturali sono state ostruite dai rifiuti lasciati
dall’uomo.
Il
pulo: Una della piú grandi doline esistenti in Italia é
rappresentata dal "Pulo" di Altamura. Ha pareti
scoscese in cui vi sono grotte naturali, abitate giá in etá
neolitica e consta un diametro di mezzo chilometro e una profonditá
di m. 90.
Sono presenti molte specie della fauna
superione: anfibi, rettili, uccelli e mammiferi; non è infrequente
osservare nei cieli dell’Alta Murgia il grillaio (Falco
Naumanni) di cui in questa zona è rappresentata la più grande
popolazione europea. Numerose sono anche le specie vegetali, anche
sulle zone più aride e pietrose è possibile trovare molte specie
spontanee tra cui l’orchidea Ophris mateolana. Non mancano
tra l’altro i boschi in cui prevalgono diverse specie di querce
tra cui la roverella, il fragno, la coccifera.
Se le ricchezze
naturali prevalgono in primavera, anche l’autunno riserva le sue
sorprese: i terreni brulli e pietrosi si coprono di persone che
camminano con il naso rivolto a terra a cercare funghi cardoncelli.
La ricchezza
storica di questi luoghi è testimoniata dai ritrovamenti
preistorici, dagli insediamenti di civiltà rupestri e dalle
numerose masserie, jazzi, cappelle e chiese.
Foto:
accumulo di rifiuti disparati nel pulo di Altamura. Ancora
l'ennesima triste storia di discariche abusive: questa volta
troviamo pieno di rifiuti uno dei posti più belli e suggestivi del
Parco dell'Alta Murgia. Altamurani, coraggio ripulitevi il Pulo!!
Nonostante il rilevante interesse naturale e storico
dell’Alta Murgia purtroppo pare che non tutti gli abitanti dell’area ne apprezzino e valorizzino le
bellezze. Oltre all’accumulo dei rifiuti più disparati, tossici e
non, negli ultimi anni si è diffusa in queste zone la pratica dello
spietramento. Questa pratica comporta la trasformazione dei pascoli
naturali in colture.
La frantumazione delle rocce calcaree dà
origine, però, a terreni poveri che, per effetto del dilavamento
delle piogge e dell’erosione dovuta ai venti, non più contrastato
dagli apparati radicali della vegetazione spontanea, sono destinati
alla desertificazione.
Foto:
Pecore e muretti a secco, elementi che contraddistinguono il brullo
paesaggio murgiano
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La
cattedrale di Altamura a
cura di Angela Bruno
La
cattedrale di Altamura è l'emblema della città in quanto la sua
unicità, il modo in cui è nata ed ha attraversato i secoli è
specchio fedele dell'unicità della determinazione della
insubordinazione dei suoi abitanti. La cattedrale nasce come chiesa
palatina voluta da Federico II adiacente al suo castello.
E'
noto che Federico II era sostanzialmente laico e non aveva un buon
rapporto con il clero tant'è vero che nella chiesa che lui fa
costruire manca la parte riservata ai preti (il presbitero è stato
aggiunto solo nel 1500).
Per
favorire il popolamento della murgia Federico II lascia libertà di
coltivare nella zona di Altamura e riduce le tasse al 5% del guadagno
(10 volte meno di quanto paghiamo oggi). L'iniziativa è
rivoluzionaria e attira intorno ad Altamura gente di ogni dove che
inizia a popolare e animare la città. Le nicchie laterali esterne
della chiesa accolgono il mercato e l'ampia piazza antistante la
chiesa è luogo di socializzazione e di affari.
La
piazza in origine era molto più grande: i palazzi che oggi sorgono
proprio a ridosso del portale sono un abuso edilizio dell'inizio del
secolo, mentre al fascismo si deve il palazzo che delimita un lato
della piazza. L'interno della chiesa è barocco, a chi sostiene che
gli interni stonano rispetto all'esterno la dott.ssa Tragni ribatte
facendo notare come l'interno delle chiese sia sempre oggetto di
rimaneggiamenti e nel caso di Altamura gli interni oggi visibili sono
da attribuire ai migliori architetti e artisti disponibili della
scuola napoletana. La tendenza di inizio secolo di riportare tutte le
chiese alla semplicità originaria, togliendo tutte le sovrapposizioni
barocche, non ha investito Altamura per esplicita opposizione del
priore di Altamura.
Pregevolissimo
è il presepe cinquecentesco che si può ammirare all'interno sul lato
destro che ci è stato ampiamente illustrato nel corso della
conferenza concerto.
Un'altra
particolarità della cattedrale di Altamura è quella di avere il
portale istoriato. Mentre nelle altre cattedrali romaniche il portale
presenta solo fregi ornamentali nel caso di Altamura vi è
rappresentata tutta la vita di Gesù, dall'annunciazione alla
pentecoste, anche qui le sorprese non mancano.
La
nascita di Gesù è rappresentata con Maria che partorisce come una
comune partoriente, sdraiata e assistita da lavatrici che lavano Gesù
bambino e sotto San Giuseppe pensoso. Questa è la rappresentazione
della natività Greco Bizantina. Il presepe a cui siamo abituati oggi
viene diffuso dalla Chiesa dopo il 1350 in seguito alla visione di
Santa Brigida.
La
scena del viaggio di Giuseppe e Maria a Betlemme vede rappresentati
Giuseppe che tiene le redini dell'asinello su cui siede Maria e un
bambino che segue l'asino, presumibilmente un figlio di Giuseppe,
secondo la tradizione dei vangeli Apocrifi. La strage degli innocenti
è rappresentata con espressionismo tedesco esprime lo strazio delle
madri che si vedono strappare i bambini dal grembo e la ferocia dei
soldati che li uccidono. Anche "la discesa agli inferi è ripresa
da stilemi tedeschi Gesù scende agli inferi e libera i Santi padri:
Abramo, Mosè ecc. La lunetta sul portale illustra l'ultima cena con
Gesù e Giuda spostati sul lato sinistro della scena ad indicare che i
traditori agiscono con discrezione.
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Il
Pane di Altamura
liberamente
tratto dal sito del consorzio per la tutela del pane di Altamura
http://www.panedialtamura.net/
L'origine
del «Pane di Altamura» è legata alla tradizione contadina: elemento
base del regime alimentare delle popolazioni alto murgiane, nella
sua forma più tradizionale («U sckuanète = pane accavallato») è
in pezzatura di notevoli dimensioni, era prevalentemente impastato e
lavorato tra le mura domestiche, quindi definitivamente confezionato
e cotto in forni pubblici, con implicazioni sul piano sociale e
culturale, conseguenti alla connessione del privato con il
collettivo.
Il
fornaio procedeva alla marchiatura delle forme con il marchio in
legno o in ferro artigianale riportante le iniziali del capo
famiglia, quindi le infornava. La sua principale caratteristica,
mantenuta fino ad oggi, era la durevolezza, necessaria per garantire
l'alimentazione di contadini e pastori per una settimana o più
frequentemente nei quindici giorni trascorsi nelle masserie
disseminate tra le alture murgiane: un'alimentazione incentrata
quasi esclusivamente sul pane condito con sale, olio ed immerso
nell'acqua bollente.
Fino
alla metà del secolo scorso si poteva udire per le strade di
Altamura il grido del fornaio che annunciava, all'alba, l'avvenuta
cottura del fragrante pane.
Il
primo riferimento al luogo di origine del prodotto, se non proprio
riconducibile ad Altamura ma sicuramente al territorio murgiano, è
rintracciabile nel Libro I, V delle Satire del poeta latino Orazio
che nella primavera del 37 a.C., nel rivisitare il paesaggio della
sua infanzia, nota l'esistenza del «pane migliore del mondo, tanto
che il viaggiatore diligente se ne porta una provvista per il
prosieguo del viaggio».
La
tradizionale attività di panificazione di Altamura trova conferma
negli «Statuti municipali della città fatti nell'anno 1527», i
cui articoli relativi al «Dazio del forno» sono stati trascritti,
a cura di G. De Gemmis nel Bollettino dell'Archivio-Biblioteca-Museo
Civico, anno 1954, pagg. 5-49. La trascrizione di documenti
riferibili all'imposizione o all'esenzione di dazi è stata curata
da A. Giannuzzi ne «Le Carte di Altamura», in «Codice Diplomatico
Barese», anno 1935. Altro documento, risalente al 1420, sanzionava
l'esenzione del dazio del pane per il clero di Altamura.
La
consuetudine della cottura in forni pubblici traeva fondamento nel
divieto posto ai cittadini «di ogni stato o condizione» di cuocere
nelle proprie abitazioni qualsiasi tipo di pane o focacce, pena il
pagamento di rilevante ammenda, rappresentando la gabella imposta un
terzo del costo complessivo della panificazione.
Era
dunque nel contesto di una società agropastorale che nascevano le
forme tipiche dai pani tradizionalmente confezionati per i
contadini, per i pastori e per le loro famiglie che ancora oggi è
possibile ritrovare nella produzione dei panificatori altamurani:
forme di grande pezzatura, ottenute con sfarinato di grano duro,
lievito madre, sale e acqua, alla fine di un processo di lavorazione
articolato in cinque fasi: impastamento, formatura, lievitazione,
modellatura, cottura nel forno a legna. Ed erano queste
caratteristiche a distinguerlo da qualunque altro tipo di pane.
Anche l'attività molitoria doveva essere concentrata tutta in
Altamura, considerato che agli inizi del 1 600 esistevano ben 26
impianti di trasformazione in piena attività. Si può concludere
affermando che, nonostante le trasformazioni e gli adeguamenti
sopravvenuti, il pane attualmente confezionato nella murgiana città
di Altamura, sia il diretto erede di quel pane dei contadini e dei
pastori che, dal Medioevo in poi, si continua a produrre senza
soluzione di continuità.
Consorzio
per la tutela del Pane di Altamura
Corso
Umberto I° n° 5 - 70022 Altamura (Ba)
Tel.
+39 080.3142084 - Fax +39 080.3142084
E-mail:
info@consorziopanedialtamura.it
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Tommaso
Fiore
Umanista,
socialista e federalista altamurano, ha ritratto la condizione dei
cafoni di Puglia (il popolo delle formiche) lottando per il loro
riscatto
(liberamente
tratto da "Lo spettro" direttore R. Sardo)
Tommaso
Fiore è stato testimone e interprete tra i più efficaci della
cultura contadina del Mezzogiorno. Tommaso Fiore è un umanista
che diventa critico, scrittore, politico, senza mai perdere la
tensione morale e civile che alimenta un alto senso della storia. Con
Carlo Levi, Rocco Scotellaro, Manlio Rossi Doria, Ernesto De Martino e
altri, restituirà dignità ad un mondo, quello contadino, emarginato
da secoli, ma che con il movimento dell’occupazione delle terre
assurgerà a punto di riferimento per i giovani intellettuali grazie
alle lotte contro il blocco agrario. Fiore nacque ad Altamura il 7
marzo 1884. Di famiglia operaia, fu indirizzato agli studi classici.
All'Università divorava i saggi di Labriola su Marx che lo aiutarono
ad interpretare, in termini socio-economici, la situazione dei
"cafoni di Puglia" e finì, irrimediabilmente, per occuparsi
delle condizioni del Mezzogiorno, ed in special modo dei contadini, il
mondo a lui più vicino, e al riscatto dei quali dedicò l’intera
sua vita. Le opere di Benedetto Croce gli fornirono invece il senso
dell'operare storico. Ritornato al suo paese dopo l’esperienza
bellica, si impegnò a fianco dei suoi “cafoni” e divenne sindaco
di Altamura nel 1920. Pagò un tributo alto al fascismo.
L'antifascismo più radicale si organizzò attorno alla sua figura
durante il ventennio. Questo costò a lui e a due dei suoi figli, Enzo
e Vittore, l'arresto ed il confino. Caduto il fascismo, nel 1943 il
figlio Graziano, da poco diciottenne. si mise alla testa dei
dimostranti che andavano a liberare dal carcere i prigionieri
politici. Tra essi c’era anche Tommaso Fiore. Il giovane figlio
cadde sotto i colpi dei soldati di Roatta e di Badoglio che volevano
impedire la sollevazione popolare. Fiore divenne poi collaboratore
dell'Unità di Salvemini, ma si impegnò anche con “la Rivoluzione
liberale” di Gobetti.
E
fu proprio su richiesta di quest’ultimo che scrisse le "Lettere
Pugliesi", nelle quali descriveva l’operosita dei piccoli
proprietari, braccianti agricoli giornalieri, contadini, fittavoli,
paragonandoli a delle formiche. Come le formiche, lavorando
instancabilmente, con sangue e sudore, hanno trasformato la fascia
della costa pugliese, da un ammasso di sterili sassi in un rigoglioso
giardino di mandorli, ulivi e viti. Ma vi è prima di tutto una
minuziosa analisi del contrasto secolare tra i proprietari ed i
contadini e braccianti.
Ventisette
anni dopo quelle lettere vennero ripubblicate sotto il titolo di
"Un popolo di formiche" e gli valsero il premio Viareggio. L’altro
suo capolavoro, invece “Il cafone all’inferno” è del 1955. In
questo lavoro tornano a coniugarsi l'inchiesta sociale e la
descrizione letteraria in un nuovo viaggio tra le terre della sua
Puglia, dove viene fuori tutto il suo amore per il mondo contadino.
“Il
cafone all’inferno”, prende spunto da un racconto popolare che
narra di un “cafone” che dopo morto si ritrovò davanti alla porta
del Paradiso. Bussò per entrare, ma gli dissero che non c’era
posto. Allora scese in Purgatorio. Ma anche qui non c’era posto per
lui. Scese ancora e si ritrovò a bussare alla porta dell’inferno.
Qui il posto c’era e lo fecero entrare. Dopo un periodo di
permanenza in quel luogo di punizione, Lucifero, il capo dei diavoli,
volle sapere dal nuovo arrivato come si trovasse. “Bene” disse il
cafone. “Mi trovo molto bene”. E Lucifero sorpreso e preoccupato
da quella risposta gli chiese: “Ma da dove vieni?”. “Dal
Tavoliere delle Puglie. Quello si che è un inferno”. Lucifero,
però, non volle credere alle parole del cafone. Chiamò un diavolo e
gli disse di andare in missione nel Tavoliere delle Puglie per
verificare le parole del nuovo arrivato. “Vai e fammi sapere”.
Dopo un po’ di tempo il diavolo ritornò con le ali bruciacchiate,
con la faccia combinata male e con il corpo che non si riconosceva.
“Allora?” Gli chiese Lucifero. “Aveva ragione il cafone. Quel
posto sulla terra è un vero inferno. Qui da noi sono rose e fiori”.
E Luciferò: “Radunate armi e bagagli, da domani ci trasferiamo nel
Tavoliere delle Puglie”.
La
pubblicazione, a distanza di molti anni dalle loro ultime edizioni,
pressoché sconosciute alle nuove generazioni, degli scritti più
importanti e significativi di Tommaso Fiore – Un popolo di formiche
e Il cafone all'inferno - rende omaggio ad un intellettuale che ha
messo tutto il suo sapere e, soprattutto, la sua vita, nella battaglia
per il riscatto del suo “popolo cafone”. In questi scritti Tommaso
Fiore si rivela anche un tenace federalista contro il centralismo
statale e della riorganizzazione in chiave regionalistica dello Stato.
Nel socialismo liberale Fiore vedeva lo strumento di azione più
efficace per il raggiungimento del federalismo. Morì a Bari il 4
giugno 1973.
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